Si chiama Mukran ed è il porto baltico della municipalità di Sassnitz, nella più grande isola della Germania, Rugen, nel Land Meclemburgo-Pomerania Anteriore, uno degli ultimi destinatari dei minacciosi avvertimenti statunitensi, in quanto base logistica per lo stoccaggio e i rifornimenti alle navi russe posatubi impegnate nella realizzazione del gasdotto Nord Stream 2.
Ufficialmente la ferma opposizione statunitense alla realizzazione della infrastruttura rimarca la preoccupazione di un aumento della dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia, ma ufficiosamente appare evidente l’interesse americano per l’espansione commerciale nel mercato europeo del GNL, che nel 2019 ha visto una vendita statunitense all’Europa di 17 miliardi di m3, dopo la Russia con vendite per 21 mld m3 e il Qatar, al primo posto dei fornitori con 30 mld m3.
Recentemente, il municipio di Saanitz si è visto recapitare una lettera ufficiale, firmata da 3 senatori statunitensi, che minaccia l’applicazione delle sanzioni CAATSA – Countering America’s Adversaries Through Sanctions Act – legge federale statunitense approvata da repubblicani e democratici nel 2017. Attraverso la CAATSA gli Usa decidono sanzioni e multe a società e proprietà estere, che reputano nocive ai propri interessi. La formula del provvedimento, già applicato ampiamente contro Iran, Corea del Nord e Russia, prevede il divieto di ingresso negli Usa, il congelamento dei beni e il divieto a qualsiasi società americana di fare affari con persone e società dei paesi sanzionati e con terzi che a loro volta vi hanno rapporti.
Il Dipartimento di Stato sta alzando sempre più il tiro, per fermare definitivamente il lavoro delle navi posacavo russe bloccate dalle sanzioni dal 2 dicembre 2019, ormai a circa 160 km dalla ultimazione del gasdotto in acque danesi e tedesche, su una lunghezza totale di 2460 km. Dalla Russia il Nord Stream 2 percorre i fondali marini arrivando direttamente in Germania, bypassando il tratto terrestre transnazionale. Un’alternativa che indebolisce l’Ucraina attraversata dal Nord Stream 1, che a sua volta appoggia l’iniziativa statunitense.
Anche all’interno dell’Unione Europea paesi come la Polonia si stanno opponendo alla ultimazione dell’oleodotto, adducendo motivi di esclusione dalla decisione di questa scelta, che trovano linfa nella impostazione antirussa e filostatunitense del paese protagonista del Visegrad e della Iniziativa dei Tre Mari.
Anche in Germania, dopo l’avvelenamento del politico russo di opposizione Aleksej Naval’nyj, il nuovo gasdotto ha trovato empasse politiche. Intanto, Allseas che stava completando i lavori sottomarini, da dicembre ha fermato i lavori a causa delle sanzioni, che si riflettono a livello internazionale, come la decisione di P&I Clubs di non coprire le attività collegate al Nord Stream 2.
Nel mirino statunitense, anche il sindaco di Saanitz, Franz Kracht, minacciato con sanzioni legali ed economiche, oltre al porto e ai portuali di Mukran, incluso i dipendenti, con la possibilità che l’imposizione si estenda ad almeno 120 aziende di 12 paesi europei coinvolte nel progetto, che vale 10 mld di euro, investiti da Gazprom per il 50% e da 5 colossi europei, quali le tedesche Uniper e Wintershall di Basf, la anglo-olandese Shell, l’austrica Omv e la francese Engie.
La Germania, che ha deciso di abbandonare l’energia nucleare entro il 2022 e il carbone entro il 2038, ha bisogno per il suo processo di transizione energetica di assicurarsi ingenti quantitativi di gas e in questo senso si inserisce l’iniziativa infrastrutturale con Gazprom, in linea con gli standard europei e dotata di tutte le autorizzazioni necessarie.
Innegabilmente, si è in una situazione paradossale, in cui sanzioni statunitensi colpiscono imprese europee e funzionari statali, ed è ancora bruciante anche l’esperienza dei 7 miliardi di dollari di tariffe statunitensi applicate all’import agroalimentare dall’Europa, per la disputa sui sussidi agli aeromobili. Certo, tale prassi non è isolata, e anche Cina e Russia fanno uso delle sanzioni per piegare i flussi commerciali e stabilire egemonie geopolitiche.
Gli esperti confermano quello che suggerisce il buon senso: le sanzioni extraterritoriali CAATSA sono illegali, colpiscono aziende e proprietà non statunitensi, e si sviluppano in questo caso nel contesto “amico” dei paesi Nato.
Resta il fatto che con il profilarsi di conflitti sempre più geopolitici prima ancora che economici, disputati tra grandi potenze sulle infrastrutture strategiche regionali, l’Europa ha urgenza di concertare meccanismi di salvaguardia e di sviluppo delle proprie libertà commerciali e infrastrutturali. Questo lo si può fare a partire dallo sviluppo di alleanze infrastrutturali transnazionali in ambito comunitario, facendo tesoro delle esperienze che si stanno già consolidando tra i porti, come quelle nostrane di Trieste con Amburgo.
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