Maggiore sicurezza per contenere gli incidenti marittimi delle portacontainer

Il gigantismo navale ha i suoi vantaggi di scala, ma allorquando sopraggiungono eventi di causa maggiore, come le violente tempeste oceaniche sempre più frequenti per il cambiamento climatico, si aprono problematiche che insieme all’economia, investono direttamente la responsabilità sociale delle imprese.

Al netto dei blank sailing (viaggi o scali annullati dal vettore) e delle  speculazioni sui container vuoti da immettere sul mercato a noli spropositati, tanto da indurre aziende asiatiche produttrici di merce di poco valore ad attendere lo sbollentamento dei prezzi di trasporto per riprendere la produzione sospesa per congestionamento dei depositi, anche gli incidenti a bordo delle mega container rappresentano una questione che deve trovare soluzioni efficaci nell’interesse comune della sicurezza e dei traffici.

Come si legge in un comunicato del principale assicuratore mondiale di trasporti e logistica TT (Through Transport) Club,  che assicura l’80% di tutti i container marittimi, 2/3 degli incidenti che riguardano danni al carico, sono causati o aggravati da cattive pratiche di imballaggio delle merci containerizzate, che determinano anche drammatici incendi a bordo delle navi, talvolta con inaccettabile bilancio di morti e feriti, e ritardi significativi. Una negligenza che nella catena degli approvvigionamenti si tramuta in perdite economiche annue stimate da TT Club in oltre 6 miliardi di dollari all’anno.  

Il senso comune associa questi pericoli al carico chimico, come vernici, cosmetici, detergenti, fertilizzanti diserbanti, aerosol; ma in realtà anche altri carichi di beni di largo consumo o di componentistica destinata alle catene di produzione, se gestiti in modo sbagliato, possono causare disastri durante il trasporto. Tra questi, il carbone per barbecue, dispositivi elettronici a batteria, fuochi d’artificio, disinfettante per le mani, lana, cotone, fibre vegetali, marmo e granito, farina di pesce. A questi vanno aggiunti  anche  i rischi dei pericolosi contagi fitosanitari, legati al cattivo imballaggio di prodotti animali e vegetali.

La pericolosità della cattiva gestione dei carichi espone tutti, portuali, marittimi, ambiente, comunità e la stessa reputazione del marchio coinvolto, a rischi inaccettabili.

Michael Yarwood, Ad di TT Club, ha sottolineato  la necessità, non più prorogabile nel pensiero di chi scrive, di sollecitare  gli spedizionieri ad attenersi alle linee guida che danno norme pratiche sull’imballaggio e il bloccaggio della merce in container, contenute nel  Codice di Condotta per l’Imballaggio di Unità di Trasporto Merci (Code of Practice for Packing of  Cargo Transport Units) – Codice CTU, pubblicato congiuntamente da IMO, ILO e UNECE. Al momento, il Codice CTU non è ancora obbligatorio, ma intanto Cargo Integrity Group, formato da Global Shippers Forum, ICHCA, TT Club, World Shipping Council, ne ha estratto una guida rapida, allo scopo di renderlo accessibile al maggior numero possibile di operatori.

Il codice CTU, finalizzato alla sicurezza dei carichi unitizzati a livello globale, è una guida completa anche per il ricevitore della merce che deve disimballarla, e non trascura nemmeno la questione fondamentale della corretta descrizione e dichiarazione delle merci, comprese le eventuali informazioni specifiche sul trattamento delle merci che sono o potrebbero essere pericolose.  

Il Segretario generale del Global Shippers Forum (GSF), James Hookham, ha commentato che i contenitori pieni di merci imballate male, oltre a costituire gravi rischi per la salute e la sicurezza, in caso di incidente possono danneggiare il carico adiacente, causando gravi perdite anche agli altri caricatori.

L’incidente della ONE Apus

Diversi di questi elementi sono riscontrabili nelle difficoltà che i topografi della WK Webstar, principale società di consulenza specializzata nei sinistri marittimi e di transito, stanno riscontrando nelle ispezioni collegate alle operazioni di scarico della nave portacontenitori ONE Apus, che il 10 novembre scorso, in navigazione verso Long Beach proveniente dal porto cinese di Yantian,  ha riportato ingenti danni, a seguito di una tempesta al largo della Hawaii, che ha causato un massiccio collasso di container.

La ONE Apus, varata appena nel 2019 e di portata oltre 14.000 teu (unità di misura standard m1 teu=1 box da 20 piedi), è una delle 18 mega navi impiegate sul servizio pendulum FP2 Far East- East Pacific  della alleanza THE Alliance, formata da ONE, Yang Ming, HMM vettore sudcoreano in forte espansione, e Hapag Lloyd, che secondo il database eeSea controlla il 40% degli slot del servizio, come riporta The Loadstar.

Riparata in Giappone dopo l’incidente nel porto di  Kobe, a inizio dicembre è stata sottoposta ad una prima ispezione con droni, dai cui filmati è stata ricavata una prima stima sul numero dei container danneggiati, persi o distrutti, che ammonterebbero a circa 2.250 in gran parte da 40’, per un totale di 4500 teu, circa un terzo dell’intero carico trasportato dalla nave, dimensione che rende l’incidente uno dei peggiori non causati  da incagli, collisioni  o affondamento. Nella stima degli ispettori di WKW  sono compresi anche 1.816 contenitori dispersi in mare, di cui 64 di merci pericolose (clicca qui per filmato e foto), di cui ha dato notizia la compagnia ONE, che ha in noleggio la nave.

Adesso l’ispezione sta proseguendo lentamente con rilevamenti visivi esterni man mano che i container vengono scaricati, in mancanza di informazioni sul contenuto e sulla posizione di stivaggio dei container, aggravata  dalla scarsa collaborazione di armatori  e operatori lamentata da WKW.  

Data la complessità delle operazioni che devono innanzitutto garantire la sicurezza, dal 11 dicembre a fine anno risultavano scaricati solo 129 container, meno di 10 container al giorno, arrivati a 232 l’8 gennaio: una ritmo che fa presagire che i caricatori dovranno attendere ancora diverse settimane  prima di poter scoprire le condizioni delle loro merci.

Dopo la pausa per il Capodanno giapponese, lo scarico è ripreso il 5 gennaio, ma con ulteriori rallentamenti per la decisione di ONE, di riparare il ponte della nave contemporaneamente  allo scarico dei container, per ripristinare al più presto l’operatività della nave, anche evidentemente in virtù del periodo d’oro dei noli dei contenitori, tanto che non c’è più disponibile sul mercato del noleggio navi una sola portacontenitori.

Solo una volta scaricati tutti i container, sulla base di un programma formulato dai pianificatori di stivaggio, sarà possibile valutare approfonditamente i danni riportati dalla nave e tutti i lavori di riparazione.

L’incidente è adesso sotto inchiesta, ma il monito dovrebbe essere chiaro: le grandi portacontainer  richiedono con urgenza più sicurezza.

                                                                                              Giovanna Visco

Guarda i video su ONE Apus:

L’arrivo a Kobe

Operazioni di rimozione container

Ispezione

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