Black Sea Grain Iniziative: accordo senza precedenti, ma insufficiente a salvare il mondo dalla fame

Aggiornamento

18/05/2023 Come annunciato da Recep Tayyip Erdogan, mediatore insieme alle Nazioni Unite dell’accordo, il Black Sea Grain Iniziative  a un giorno dalla sua scadenza, è stato prorogato di ulteriori due mesi. Con questa decisione è assicurata la vendita dei raccolti di giugno del grano ucraino, impedendo rialzi dei prezzi alimentari in paesi come Tunisia, Algeria, Marocco, Siria e sub-sahariani, le cui popolazioni,  già stremate dalla siccità e dai dissesti economici, dipendono dalle importazioni di grano e cereali,. Due mesi che tuttavia non saranno sufficienti a risolvere una grave situazione emergenziale, visto che “La carenza di cibo nel sistema e la mancanza di fertilizzanti a prezzi accessibili continuano a far salire i prezzi, rendendo difficile per le famiglie in paesi come la Somalia prevedere se saranno in grado di permettersi un pasto il giorno successivo”, come ha allertato Shashwat Saraf, del Comitato Internazionale di Soccorso e riportato da APNews.

Dal canto suo l’Unione Europea, con gli stati membri confinanti con l’Ucraina, ha istituito da novembre 2022 corsie di solidarietà UE-Ucraina, Solidarity Lanes,, corridoi essenziali per le esportazioni agricole ucraine, che hanno mobilitato 1 miliardo di euro. Le Solidary Lines sono state rafforzate, fino a giugno prossimo, con la sospensione dei dazi su alcuni prodotti ucraini, per aumentare la sicurezza alimentare e il sostegno all’economia ucraina.

Tuttavia, proprio nei paesi confinanti con l’Ucraina che hanno sostenuto questo tipo di iniziativa, si sono verificati effetti collaterali negativi, legati al precipitare dei prezzi agricoli in Polonia, Ungheria, Slovacchia, Romania e Bulgaria, che stanno  danneggiando i coltivatori locali. Lo scorso aprile i cinque paesi hanno scritto alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, chiedendo di “mettere in atto procedure adeguate per reintrodurre tariffe e quote sulle importazioni dall’Ucraina”.

La distorsione di mercato che sta seminando rabbia tra gli agricoltori, ha portato il ministro polacco dell’Agricoltura, Henryk Kowalczyk,a dimettersi in concomitanza con la visita nel Paese del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, e successivamente spinto Jarosław Kaczyński, leader del partito di governo Diritto e Giustizia, ad annunciare il 15 aprile la decisione di vietare temporaneamente l’importazione dall’Ucraina di grano e altri prodotti alimentari, tra cui zucchero, uova, carne e latte.

A seguire, anche l’Ungheria e la Slovacchia hanno preso decisioni analoghe. Tutti e tre i paesi hanno stabilito di ripristinare l’import dalla Ucraina con la riattivazione a livello europeo delle tariffe doganali, che dovrebbe avvenire il 1° luglio.

Tali decisioni unilaterali hanno contrariato la Commissione Europea, che invece ha proposto la proroga di un anno del programma di esenzione dai dazi dei prodotti ucraini, pur prevedendo di reintrodurre tariffe doganali sui prodotti che “incidono negativamente” sul mercato europeo”, nonostante finora abbia stanziato 56,3 milioni di euro per sostenere gli agricoltori dei Paesi in difficoltà.

25/03/2023. A poche ore dallo scadere dei termini, è stato prorogato il Black Sea Grain Initiative, un accordo diplomatico-commerciale senza precedenti tra due paesi in guerra, con cui si è garantita l’esportazione di alimenti di base quali mais, grano, semi oleosi  e orzo dai porti ucraini di Yuzhny, Odessa e Chernomorsk.

Finora, da fonte ONU, l’accordo ha consentito l’esportazione via mare di circa 25 milioni di tonnellate di raccolto ucraino, destinato per circa il 50% a paesi ad alto reddito, tra cui  Spagna, Paesi Bassi, Italia, Repubblica di Corea, Romania, Germania, Francia, Grecia, Irlanda e Israele., 25% a reddito medio alto, tra cui Turchia,   Cina e Bulgaria; e per il restante 25% a paesi a basso e medio reddito, tra cui Egitto, India, Iran, Bangladesh, Kenya, Sudan, Libano, Yemen, Somalia, Gibuti e Tunisia. Complessivamente, una immissione che  è stata determinante ad allentare la carenza globale soprattutto di frumento  e mais, i più coltivati ​​al mondo e principale fonte alimentare di molti paesi, attenuando le speculazioni finanziarie sui mercati di scambio e consentendo a Kiev di iniettare nelle proprie casse importanti liquidità. 

L’accordo tra i due belligeranti è giunto a buon fine a luglio scorso, attraverso un negoziato costante e difficile svolto nel  pieno conflitto bellico con la mediazione della Turchia, che ha l’autorità sul traffico marittimo in entrata e in uscita dal Mar Nero, e delle Nazioni Unite. Accolto inizialmente in un clima di scetticismo generale, l’andamento dei suoi primi 120 giorni, poi rinnovati in novembre scorso con scadenza 18 marzo, ha smentito ogni dubbio. La sua recente proroga, che risulta a tempo dimezzato (60 giorni), è stato il risultato di una faticosa mediazione con la Russia, che vede disatteso il memorandum, parte integrante dell’accordo, che impegna le Nazioni Unite a lavorare per eliminare le restrizioni che ostacolano le esportazioni non sanzionate russe di cereali e fertilizzanti. Ora nel lasso di tempo di questo rinnovo, la Russia, pena il blocco dell’accordo, attende la rimozione di tali ostacoli. Il problema da affrontare è l’impatto della espulsione di molte banche russe dal sistema internazionale interbancario SWIFT (sostanzialmente un sistema Iban che garantisce le identità dei soggetti delle transazioni), che preclude i finanziamenti commerciali internazionali, inducendo molti importatori, assicuratori, spedizionieri e armatori occidentali a bloccare i contatti con la Russia, per scansare qualsiasi possibile trappola ritorsiva delle sanzioni. Un problema che cadrebbe automaticamente se si negoziasse la pace.

Come funziona il Black Sea Grain Initiative

Firmato il 22 luglio dell’anno scorso a Istanbul, attraverso questo accordo si è riusciti a individuare un corridoio marittimo, sicuro, sminato e monitorato 24 ore su 24, 7 giorni su 7, lungo la costa ucraina, dedicato esclusivamente alle navi portarinfuse destinate al trasporto del grano, che lo percorrono seguendo navi pilota ucraine. Ogni nave in entrata e in uscita è controllata e ispezionata all’altezza del Bosforo dai funzionari del centro di coordinamento quadrilatero, composto da Nazioni Unite, Turchia, Russia e Ucraina, mentre i porti capolinea del corridoio, Yuzhny, Odessa e Chernomorsk, sono presidiati da osservatori Onu e turchi, che  vigilano sulla delimitazione delle aree protette portuali. Tutto questo con l’impegno russo e ucraino di evitare qualsiasi attacco a navi e porti coinvolti, integrato da quello quadrilaterale di vigilare contro speculazioni al rialzo assicurative e dei noli, per impedire rincari sui mercati internazionali.  

Il corridoio del grano finora ha riscosso gli apprezzamenti più che positivi degli armatori impegnati nel trasporto, che tuttavia non esiterebbero a fermare quasi  immediatamente le proprie navi verso il Mar Nero se l’accordo dovesse bloccarsi, come già avvenuto allorquando lo scorso ottobre la Russia lo sospese temporaneamente per gli stessi motivi che adesso l’hanno indotta a ridurne il periodo di rinnovo.

 “In termini di navigazione ha funzionato. È stato un enorme successo” ha commentato al The Guardian il segretario generale della International Chamber of Shipping (ICS), Guy Platten, sottolineando l’assenza di incidenti e la sicurezza degli equipaggi, che testimoniano quanto l’accordo sia stato ben ponderato dalle parti, concludendo “A livello politico e tecnico funziona”.

Anche i trader sono soddisfatti, notando lo slancio commerciale crescente del corridoio soprattutto a fine 2022, con “un livello di esportazione davvero impressionante”, secondo Arnaud Petit, direttore esecutivo dell’International Grains Council (IGC).  A novembre- dicembre il livello di export (mare e terra) ucraino ha rasentato i  5 milioni di tonnellate di grano al giorno,  avvicinandosi alla capacità ante guerra.

Le reazioni dei mercati internazionali non hanno deluso le intenzioni dell’accordo, invertendo la forte accelerazione del prezzo del grano che amaggio-giugno 2022 aveva raggiunto picchi esorbitanti, con un abbattimento in poco tempo del 30%.

Il nervosismo che fino a pochi giorni fa ha aleggiato sull’esito di rinnovo, si è poi sciolto rapidamente, sbollentando le aspettative di rialzo dei mercati.  Alla notizia della firma, al CBOT (Chicago Board of Trade) i futures sul grano sono subito scesi di 1,3% a $ 7,01 al bushel (1 bushel equivale a 27,216 kg) e quelli sul mais di 1% a $ 6,28 al bushel (fonte Reuters). Una buona notizia per molti paesi fortemente dipendenti dall’import delle derrate alimentari, rafforzata dalla flessione anche del prezzo della soia, determinata dal raccolto record in Brasile.

Ma all’orizzonte restano dense nubi. Proseguire la via del conflitto anziché scegliere quella dei negoziati di pace, non solo riduce gradualmente  la produzione dei nuovi raccolti, da fonte Reuters, nel corso del 2023  l’Ucraina prevede di raccogliere circa 51 milioni di tonnellate di grano, in forte calo rispetto al record di 86 milioni di tonnellate del 2021.  Nel prossimo futuro, un eventuale blocco del corridoio marittimo del grano avrebbe ricadute disastrose immediate, determinando la risalita dei prezzi  delle materie prime alimentari. I volumi dei raccolti hanno bisogno della capacità di trasporto delle grandi navi portarinfuse, e non solo in tempo di pace quando dai porti ucraini usciva il 90% del loro grano esportato, anche oggi, in piena guerra, nonostante i ritardi per maltempo, i black out di corrente e le ispezioni delle navi al Bosforo, il cui ritmo determina code  intorno a Istanbul  e slittamenti delle date di consegna, che nei momenti di incertezza vissuti per il rinnovo dell’accordo, hanno spinto alcuni clienti ad abbandonare i contratti, costringendo gli esportatori ucraini con il carico in mano e nave noleggiata a cercare un nuovo acquirente a un prezzo inferiore.

Rotte alternative  terrestri, che fanno parte dei corridoi di solidarietà attivati dalla Unione Europea per la sicurezza alimentare, benchè veicolino una parte delle vendite dei raccolti ucraini, hanno tuttavia  limiti oggettivi. Ferrovie, camion e porti fluviali del Danubio in Romania, non solo comportano viaggi più costosi e lunghi (la ferrovia ucraina, ad esempio, ha uno scartamento diverso da quello UE,  che obbliga a scaricare il grano per ricaricarlo su altri tipi di vagone al confine), ma soprattutto hanno capacità molto ridotta. L’Ucraina, tra le sue proposte all’UE, ha chiesto di aumentare il numero di camion finanziando circa il 50% del prezzo di trasporto, e di realizzare un oleodotto con la Polonia per il trasporto di olio di semi alimentare.

L’importanza agricola di Russia e Ucraina

Prima dello scoppio della guerra, nel commercio mondiale del grano, le esportazioni dalla Russia e dall’Ucraina occupavano la quota di circa 30%.  

La Federazione Russa risultava 1° esportatore mondiale di frumento a quota 17%, 2° esportatore di semi di girasole a quota 27%, principale fornitore al mondo di fertilizzanti (potassio, ammoniaca, urea e azoto) indispensabili a garantire i raccolti agricoli in tutto il mondo in misura sufficiente e a costi contenuti.

L’Ucraina invece risultava 1° produttore di semi di girasole, di cui detiene il 30% della esportazione mondiale, 3° esportatore di frumento con quota 12%, 4° produttore di mais con quota 17% e produttore di un quinto dell’orzo mondiale, con quota 13%. Da qui è facile immaginare la portata globale degli effetti della guerra tra questi due paesi, tanto più che in altre zone del mondo il cambiamento climatico sta falcidiando milioni di ettari coltivati.

Da quasi un anno, ad esempio, siccità e ondate di caldo estremo stanno flagellando  l’Argentina, bruciando di 3 punti il Pil del paese, primo esportatore mondiale di soia lavorata e terzo esportatore di mais.  Secondo le previsioni della Borsa dei cereali di Rosario, i raccolti si ridurranno da 47 milioni previsti ad agosto a 27 milioni di tonnellate per la soia e a 35 per il mais dai 55 milioni, il livello più basso del secolo nonostante l’aumento delle superfici coltivate  Questo sarà il terzo raccolto fallimentare con perdite per gli agricoltori ammontanti a 14 miliardi di dollari e 50 milioni di tonnellate perse di soia, mais e grano. Tutto questo in un paese che ha già il 40% della popolazione in povertà.

Anche se  Brasile e Stati Uniti  annunciano raccolti molto positivi, riequilibrando le tensioni sui mercati internazionali di soia, mais, grano e altri cereali, è evidente che qualsiasi perturbazione nelle forniture delle derrate alimentari ha ricadute negative soprattutto sui paesi stretti dalla morsa del debito, che sottrae ogni risorsa interna e aumenta la dipendenza dalle importazioni, già esacerbati sul piano alimentare dalle conseguenze della pandemia Sars Cov-19.

Questo significa che ogni aumento di prezzo dei beni di prima necessità comporta squilibri e crisi profonde in molti paesi e regioni del mondo.  Da dati del Comitato internazionale della Croce Rossa, che ha attribuito al Black Sea Grain Initiative il ruolo di salvavita delle persone di tutto il mondo, nei primi sei mesi del conflitto russo-ucraino il prezzo degli alimenti di base sono aumentati del 187% in Sudan, dell’86% in Siria, del 60% in Yemen e del 54% in Etiopia rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In questi giorni in Kenya sono infuriate violente proteste a Nairobi, contro un carovita e una siccità  inarrestabili.

Osservando il principale importatore di grano al mondo, l’Egitto, che prima del conflitto acquistava l’80% del suo fabbisogno dalla Russia e dall’Ucraina, grazie all’accordo sul corridoio marittimo del grano, recentemente è riuscito ad aggiudicarsi in una gara d’appalto la fornitura  di 120.000 tonnellate di grano ucraino. Il pane è l’alimento base della dieta egiziana, che da fonte governativa si traduce in un consumo di quasi 100 miliardi di pagnotte all’anno, prodotte con circa 18 milioni di tonnellate di grano, del valore di oltre 2,40 miliardi di dollari.

Con l’inizio della guerra nel febbraio 2022, i prezzi del grano sono saliti vertiginosamente in tutto il mondo, senza alcuna giustificazione, da $ 150 a $ 520 per tonnellata, portando l’Egitto a notificare ufficialmente la decisione di recedere dalla  Grains Trade Convention (GTC) delle Nazioni Unite. Per il governo egiziano finché i mercati saranno basati sulla domanda e sull’offerta, l’adesione al GTC è superflua, avendo già dato prova di inefficacia durante la crisi del 2008, limitandosi alla condivisione di informazioni, oggi facilmente reperibili via Internet, e alla raccolta di richieste.

Nei porti ucraini ancora bloccate navi e marittimi

Se da una parte il corridoio del grano ha sbloccato i traffici marittimi delle navi portarinfuse, ben 62 navi, non adattabili  al trasporto di grano, e 331 marittimi restano intrappolati  nei porti ucraini dallo scoppio del conflitto. L’International Chamber oh Shipping (ICS), insieme a oltre 30 organizzazioni e società, tra cui Confitarma, BIMCO, Intertanko, Ecsa, Fonasba, ha scritto una lettera aperta alle Nazioni Unite chiedendo di dare priorità al rilascio immediato. Ma ancora tutto tace e i marittimi ancora una volta continuano ad aspettare. (Giovanna VIsco)

Foto di copertina OCHA/Levent Kulu

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