Il 6 febbraio scorso Ship Mag ha festeggiato il suo primo anno di vita, con un portato mediatico di circa 6 milioni di pagine viste, che premia l’approccio agile e costantemente aggiornato della testata, concepita da un’idea di Francesco Mariani, Franco per gli amici, da decenni profondo conoscitore e protagonista dei porti e della logistica italiani.
Il genetliaco è stato celebrato insieme ai lettori con un interessante webinar, rapido e focalizzato sull’attualità del settore, moderato sapientemente dal Direttore responsabile della testata, Vito de Ceglia, che ha stimolato su temi salienti gli ospiti, in ordine alfabetico Nicola Carlone, Ammiraglio Direttore Marittimo Liguria; Matteo Catani, Ad di GNV; Ferdinando Garrè, Ad di Genova Industrie Navali GIN; Stefano Malorgio, Segretario generale della Filt Cgil; Pasqualino Monti, Presidente della Autorità di Sistema del Mar di Sicilia Occidentale; Ivano Russo, Direttore generale della Confederazione Generale Italiana dei Trasporti e della Logistica, Confetra.
Tra i temi, un primo bilancio degli effetti della pandemia Covid-19, che nel cabotaggio ha provocato il potenziamento della parte merci di GNV. “Durante il lockdown abbiamo continuato a lavorare nonostante gli ingenti impatti sul nostro business dovuto alle restrizioni”, ha sottolineato Matteo Catani di GNV, “mantenendo viva la catena di distribuzione di prodotti agroalimentari, farmaceutici e rifornimenti industriali.
A parere dell’Ammiraglio Nicola Carlone, la pandemia ha accelerato l’evoluzione dei porti, stimolandone l’innovazione per rispondere efficacemente alle restrizioni anti contagio, che a Genova si sono aggiunte ai problemi causati dal crollo del ponte Morandi e dalla mareggiata del 2018. “I terminalisti sono iperattivi e ci tirano la giacca in molte occasioni”, ha sottolineato Carlone. Si sono sperimentate con successo nuove procedure per la sicurezza sanitaria dei marittimi e dei portuali, e si è messo a punto un sistema per mettere le navi fuori sagoma in banchina. È anche partita la gara per la concessione del servizio di rimorchio portuale a Savona, con la nuova procedura europea, che fungerà da apripista per tutti.
Proprio sui servizi tecnico-nautici STN (piloti, rimorchiatori e ormeggiatori) Ivano Russo, direttore di Confetra, ed in precedenza animatore con il Ministro Del Rio della riforma delle Autorità portuali italiane, ha sottolineato l’indispensabilità dei STN, “per la salvaguardia del modello di regolazione pubblicistica dei porti italiani”, in una logica di presidio dello Stato. “I porti in Italia hanno funzioni diverse rispetto all’Europa”, ha rimarcato Russo. L’economia italiana, 2° potenza manifatturiera, non potrebbe esistere senza i porti che riforniscono le imprese. “Più il modello è pubblicistico, più è al sicuro l’economia italiana. Rendere i porti nella disponibilità più ampia del mercato di quanto già non lo siano anche in fase regolatoria e di erogazione dei servizi, è un rischio per l’interesse economico nazionale”.
Anche per il Presidente Pasqualino Monti “Il nostro paese fa bene a difendere la funzione dei nostri enti portuali”, ma laddove la Corte di Giustizia dovesse confermare quanto dichiarato dalla Commissione, ha esortato ad affrontare il tema tutti insieme sin da subito, per evitare il pericolo di dover prendere decisioni in fretta e furia. La natura giuridica non è tutto, ma ha ricordato la divergenza tra Governo e Assoporti al tavolo di riforma, sulla definizione della Autorità di sistema, che Assoporti avrebbe voluto ente pubblico ad ordinamento speciale.
Ha annunciato il suo rientro in Assoporti, ma rivendicando un ruolo dell’Associazione dei porti italiani di affiancamento al Ministero non appiattito: “non siamo burocrati, ma siamo nominati dalla politica per aumentare il Pil dei porti”, ha sottolineato. C’è la necessità di trattare questioni centrali come il Recovery Fund e il rinnovo del CCNL porti, in cui al tavolo di trattativa Assoporti siede nella parte datoriale, per spingerne una rapida conclusione.
E sul CCNL Porti, il sindacalista Stefano Malorgio ha sottolineato che in questa fase il suo rinnovo è una priorità, per “restituire sistema al sistema portuale”. La frammentazione del trasporti, l’assenza di driver nazionali, la mancanza di un piano industriale dei trasporti, e soprattutto la centralità del lavoro per evitare che la concorrenza si giochi sul suo costo, indicano che il Ccnl Porti sia la via maestra da seguire. Ma, nota Malorgio, nel PNRR (Piano Nazionale di Resistenza e Resilienza) tutto questo manca: non c’è una visione di sistema delle infrastrutture, né della relazione tra porti e industria, tra città ed e-commerce; e si impone anche l’esigenza di una riforma della politica, perché nessun piano può essere sufficiente in sè stesso.
Uscire dalla logica della compressione del lavoro e dei consumi con politiche redistributive, prediligendo i Contratti Collettivi di Lavoro e norme sulla sicurezza, è la proposta del sindacato per uscire dalla crisi. In questo senso, al prossimo governo chiederà subito la piena applicazione delle norme contro l’autoproduzione nei porti.
Sul PNRR critico anche Ferdinando Garrè, Ad di uno dei principali player privati del settore delle costruzioni, riparazioni e demolizioni navali del Mediterraneo, con cantieri a Genova, Marsiglia, Piombino e Miami. Il taglio dei fondi destinati a sostenere il rinnovo della flotta italiana, è molto negativo anche per la cantieristica. “Noi abbiamo sempre costruito navi da crociera, ma una legge del genere avrebbe potuto dare un grosso impulso ai nostri cantieri per ulteriore crescita”, anche occupazionale. Resta aperta la speranza futura, legata alla tendenza di” creare una nuova flotta che rispetti anche le esigenze ambientali”, perchè questo percorso si dovrà fare, anche se “la mancanza di fondi nel recovery plan lo ritarderà”.
Secondo Matteo Catani di GNV, principale operatore di navi RoRo per la Sicilia e tra i principali per la Sardegna, aver eliminato dal PNRR 2 miliardi di euro per il sostegno al rinnovamento e riconversione green delle flotte, ha conseguenze dirette sul cabotaggio, un settore strategico per lo sviluppo. “Significa aver tolto al paese la possibilità di costruire su una infrastruttura che è già esistente, flessibile e green”, che decongestiona e consuma 7-10 volte meno, a parità di merce, rispetto al trasporto stradale, decelerando un’evoluzione in linea con l’agenda europea. GNV nei prossimi 10 anni investirà 1 miliardo di euro per mantenere i collegamenti quotidiani tra Palermo/Termini Imerese e Napoli, Civitavecchia e Genova: una cifra che a stento sarebbe sufficiente a costruire pochi chilometri di autostrada terrestre. Invece, le Autostrade del Mare (AdM) “garantiscono collegamenti quotidiani e super flessibili. L’infrastruttura navale è mobile, e può collegare in network diversi punti, a seconda della domanda e offerta dei beni che trasportiamo e dei passeggeri, dando vitalità sostanziale alle comunità e ai territori”. Sul divenire della continuità territoriale, si è detto interessato “a comprenderne l’evoluzione ed eventualmente a partecipare”.
Molto critico sul PNRR anche Pasqualino Monti, che nota molta genericità riguardo riforme chiare e tempi certi, condizioni necessarie per l’erogazione dei fondi recovery, e l’assenza dell’impatto sulla crescita degli investimenti. Un piano che dovrebbe ridurre il divario tra i 40.000 euro medi di reddito pro-capite del Nord e i 15/16.000 euro del Sud, e uniformare la dotazione infrastrutturale, richiede maggiore sforzo.
Al d là del titolo V, la progettualità del nord guarda all’intero mercato del nord Italia, e fra 10 anni quando tutte le opere saranno realizzate, sarà con la Germania, il cuore del mercato del continente europeo. Il piano per il sud, invece, di realtà completamente diversa, è falsato dalle risorse: il pacchetto vale circa 30 miliardi, ma solo poco più del 5% è immediatamente cantierabile, con un ritorno economico assolutamente modesto: quale mercato aiuta a servire e quali costi logistici abbassa, si chiede Monti. È il caso che il governo faccia una seria riflessione, invece “di fare un copia e incolla di tanti progetti, che arrivano dalle periferie spesso come libro dei sogni, piuttosto che come ritorno concreto in termini di creazione di economia reale”
Di posizione conciliante con il piano, invece, Confetra. “Poteva andare peggio dal punto di vista delle risorse” spiega Russo. “Siamo il sistema circolatorio della economia reale”, indispensabile alle 2 voci che hanno fatto rimanere in piedi il paese negli ultimi 12 anni: Import e Export, rispettivamente +18% e +45%. Per il settore, che pesa 9-10% del Pil, 80 miliardi di fatturato e 90.000 imprese, “avevamo chiesto nel recovery risorse adeguate per strategia e sviluppo”: abbiamo ottenuto il 15-16% delle risorse, e circa 3 miliardi e mezzo per l’intermodalità.
Nel piano sono scritti punti che corrispondono alle richieste di Confetra: lo sportello unico doganale che risolverebbe il 30% del gap logistico del paese anche ad infrastrutture invariate; il regolamento concessioni che è una diseconomia non averlo; la riformulazione di Uirnet per la digitalizzazione del sistema mettendo nero su bianco che bisogna armonizzare quel che già c’è; la riforma delle normative merci e sul contratto di spedizione, che sono il software della nostra logistica globale, ancora ancorato ad un decreto legge del 1942, che ignora la multimodalità e l’intermodalità.
“Le riforme sono condizionalità per il rilascio delle risorse per gli investimenti” e con il precedente Governo “stavamo lavorando per un maxi decreto, per un provvedimento choc su digitalizzazione e semplificazione” per la realizzazione del PNRR. “Veniamo da 30 anni di non politica sulla logistica” e ci ha fatto dare un giudizio positivo anche la previsione di un provvedimento 4.0, un pacchetto strutturato di strumenti di accompagnamento delle imprese logistiche verso la digital trasportation, che nella data economy, come nella intermediazione, è l’unico strumento per giocare un ruolo globale”. Nel PNRR “Ci sono 7 azioni ben concepite e anche altre orizzontali”, che mettono mano alla industria della logistica. “Non ci convince, invece, la lettura del Mezzogiorno”.
Negli ultimi decenni, ha aggiunto Russo, in Italia l’errore è stato quello di un approccio offertistico, che ha sovrapposto i problemi della logistica a quelli delle infrastrutture, come se tutta la questione fosse il gap infrastrutturale. “La logistica è ricchezza se è industriale e se c’è un’industria logistica. Le infrastrutture sono uno dei problemi, ma per 30 anni non si è posto il tema cui prodest? (a chi giova?)” “I transiti generano diseconomie per un paese; è un fatto tecnico non politico”.
Infine, a domanda diretta di De Ceglia riguardo l’ipotesi di un Ministero del Mare, vecchia idea rilanciata nel webinar organizzato da Assiterminal per i suoi 20 anni, da Umberto Masucci, presidente dell’International Propeller Clubs nonchè del CdA del Fondo H2i FPH, e da Mario Mattioli, presidente di Confitarma, il Direttore generale di Confetra l’ha definita “pietra tombale per la logistica”. Senza contare, ha spiegato Russo, che un ministero del mare non sarebbe altro che un dipartimento sotto la Presidenza del Consiglio, come il Ministero dello Sport, per effetto della riforma Bassanini, costretto a rincorrere i Ministeri dell’Ambiente e dei Beni Culturali, che hanno competenze anche costituzionali sul mare. Il risultato finale sarebbe quello di rendere i porti meno strategici.