Zimbabwe l’impero del debito

All’indomani dell’indipendenza politica, nel 1980, raggiunta dopo anni di sanguinosa guerra, le ricchezze economiche del Paese continuavano ad essere detenute e gestite dai bianchi e dagli stranieri occidentali. 

Per capovolgere questa condizione, il governo di Mugabe fece scelte coraggiose, sollevando l’opposizione economico-finanziaria internazionale, che fece terra bruciata intorno allo Zimbabwe, con un embargo così duro che tuttora pregiudica le sue possibilità di risalita economica. 


L’inizio dell’embargo
La reazione internazionale si scatenò con il ripudio di Mugabe del debito nei confronti del Fondo Monetario Internazionale e con la riforma agraria, che, senza compensazione, diede il via all’esproprio dei vastissimi appezzamenti agricoli di oltre 4.000 aziende di bianchi, fonte Quartz Africa. Le terre liberate furono destinate al reinsediamento degli agricoltori neri. 

Mentre molti latifondisti iniziarono ad abbandonare il paese, la reazione internazionale non si fece attendere: piombarono sul Paese pesanti sanzioni di Stati Uniti, Unione Europea, Australia, culminate nel 2002 con l’espulsione del Paese  dal Commonwealth.

Lo Zimbabwe e la Grande guerra africana
Fece seguito una spirale di debito ed iperinflazione di proporzioni gigantesche, alimentata anche dai costi dell’intervento militare dello Zimbabwe nella Seconda guerra del Congoo Grande guerra africana, 1998-2003, che coinvolse 8 stati africani e diversi gruppi armati, producendo una carneficina di vite umane di 5,4 milioni di morti, in gran parte per fame e malattie. Ma la Grande guerra africana fu allo stesso tempo un enorme affare per signori delle armi dei paesi occidentali e non e per le milizie armate private, noti come contractors.

La crisi dell’agricoltura
Nonostante la disponibilità della terra coltivabile, nel periodo 2000-2016, lo Zimbabwe da esportatore agricolo diventa importatore di prodotti principalmente dal Sudafrica. 
Cause principali di questo dissesto sono il rifiuto delle banche di concedere prestiti agli agricoltori senza titoli di proprietà per la condanna dei potentati internazionali della riforma agraria (prestiti necessari all’acquisto delle sementi e dei macchinari agricoli), la propensione degli agricoltori zimbabwani a coltivare per autosostentamento, l’impossibilità di intervenire sulla formazione per mancanza di risorse per disseminare conoscenza e specializzazione agroindustriale.

L’inflazione galoppante 
Intanto, il governo per affrontare l’enorme crisi finanziaria dello Stato, inizia a stampare ingenti quantità di banconote per l’acquisto di valuta estera e per pagare gli stipendi dei numerosi dipendenti pubblici.Alla tornata elettorale del 2008 lo ZANU-PF perde la maggioranza parlamentare. 

Nel luglio del medesimo anno, il tasso iperinflattivo tocca la percentuale dei  231milioni e l’economia reale si contrae del 6% (dato Federal Bank Zimbabwe), mentre la zecca emette banconote da 500 milioni di dollari zimbabwiani, il cui valore reale è di 2 dollari statunitensi: una birra arriva a costare tra i 100 e i 150 miliardi di dollari zimbabwani. 

La Banca centrale limita il prelievo giornaliero di contante a 500.000 dollari, pari a circa 25 centesimi di dollaro Usa, mentre inizia a scarseggiare anche la carta per stampare nuove banconote. 
Intanto, sale il timore del Governo che dalla Germania siano interrotte fornitura di carta e licenza software per la grafica delle nuove banconote. Sì, perché anche la stampa del denaro in Africa è fonte di business occidentale.

Nasce il Governo di unità nazionale
Politicamente, si decide un governo di unità nazionale ZANU-PF e MDC, durato l’intero mandato elettorale, per fronteggiare una situazione tanto caotica quanto drammatica.
Una situazione che impatta sulla popolazione in termini di mancanza di cibo, povertà dilagante, crollo del ceto medio, e peggioramento delle condizioni igienico-sanitarie che sfociano in un grave focolaio di colera, con 4000 morti e oltre 40.000 contagiati.

Entrano in circolazione le valute estere
A inizio 2009, per la grave svalutazione del dollaro zimbabwano, il Ministro delle finanze legalizza l’utilizzo delle valute estere nelle transazioni quotidiane, già ufficiosamente praticato quotidianamente da tempo, specie con il rand sudafricano. Ritirerà definitivamente il dollaro zimbabwano dalla circolazione il 12 aprile 2009. 

Nuove elezioni
Le nuove elezioni 2013, mai avulse dai sospetti di frode e commiste a condizionamenti internazionali di ogni genere, riportano lo ZANU-PF al potere con il 61,09% dei voti.
Fa seguito subito dopo un referendum di proroga della carica di Mugabe fino al 2023. 
Ma i problemi mordono. 

Rimonta la crisi
Nel 2016 risale incontenibile in tutto lo Zimbabwe la protesta contro il governo, che intanto, aveva introdotto obbligazioni in valuta estera per i pagamenti correnti, subito rivelatisi troppo deboli per l’incalzare del deficit commerciale e per la mancanza di investimenti esteri.

La povertà dilaga inarrestabile, come le lunghe file nelle fredde notti davanti agli sportelli bancari, nella speranza di poter ritirare l’indomani mattina anche solo pochi spiccioli.
Da fonti Reuters, a luglio scorso la banca centrale registrava un arretrato di 600 milioni di dollari per importazioni non pagate e meno di 200 milioni di dollari in cassa.
Centinaia le aziende sull’orlo del fallimento per i depositi bancari bloccati, tra cui la compagnia aerea africana low cost Fastjet, quotata a Londra e collegata a Stelios Haji-Ioannou di EasyJet, in crisi per l’impossibilità di recuperare anche solo parte dei suoi 7 milioni di dollari detenuti dalla banca centrale dello Zimbabwe.

I cambiamenti di Mnangagwa
Emmerson Mnangagwa, che intanto è uscito vincitore a larga maggioranza dalle presidenziali del 30 luglio 2018, peraltro contestate dal partito di opposizione MCD, sta apportando alcuni cambiamenti alla linea seguita da Mugabe e dal partito.

Per stimolare gli investimenti esteri, sta aprendo al business garantendo protezione agli investitori stranieri e al diritto di proprietà. 
Mnangagwa sta anche aprendo spiragli alla possibilità di risarcimento economico ai coloni bianchi espropriati, con l’accertamento delle acquisizioni illegali, pur mantenendo la riforma agraria di Mugabe. 

Il Piano Lima
A pesare su tali scelte, il Piano Lima 2015 sponsorizzato dagli USA, che prevede per lo Zimbabwe una riduzione del debito internazionale e l’erogazione di nuovi prestiti dagli stessi creditori, FMI, Banca Mondiale e Banca africana per lo sviluppo.
Il tutto  a condizione che lo Zimbabwe avvii pesanti riforme, che includono la riduzione del deficit del Paese e la riorganizzazione del settore pubblico, che significa decidere tagli occupazionali in un paese già abbondantemente strangolato dalla disoccupazione. 

Giovanna Visco

NB: questo articolo è stato scritto l’11 novembre 2018

Foto di copertina: banconota da 100 trilioni di dollari dello Zimbabwe

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