Trieste non può perdere il treno della zona franca

Quel che è stato ufficializzato a Trieste ha un valore che travalica l’economia, seppur molto rilevante in ambiito portuale e logistico: dimostra che l’unità dell’Europa si costruisce con la cooperazione e le libere iniziative tra paesi, scevre da ideologismi e tifoserie, mettendo a fattor comune il bene comune.

Nel passaggio virgolettato da Euronews nel corso della cerimonia di inaugurazione della Trieste Piattaforma Logistica (TPL), il Presidente Zeno D’Agostino ha sintetizzato con chiarezza la politica di governance e di visione che il vertice del porto sta perseguendo, con strategia costante, capace e puntuale: 

“Stiamo parlando di un accordo tra privati che in un futuro proporranno un’ipotesi di crescita dell’attuale piattaforma, presumibilmente con la costruzione di almeno una parte del molo VIII, che è il nuovo terminal container. In futuro l’Autorità Portuale dovrà valutare tutte queste ipotesi. Quindi si accoglie con piacere l’operazione, ma poi ci sono tutta una serie di passaggi che noi come soggetto rappresentante lo Stato, dovremo valutare. Questo chiaramente non toglie il valore dell’operazione che è importantissimo. il fatto che ci sia un investimento tedesco è sicuramente rilevante”.

Un passaggio questo che sgombra il fastidioso fardello di tifoserie di stampo geopolitico pro Usa o Cina, che richiamano una Italia vecchia e suddita, incapace di camminare sulle proprie gambe.

Tante volte ho sentito dire che Trieste è una città di vecchi, eppure questi vecchi dimostrano una intelligente capacità di pensiero autonomo e di iniziativa coerente ai tempi che si attraversano.

Non è un caso se l’artefice della società privata, che oggi vede tra i suoi soci il colosso pubblico amburghese HHLA, sia la casa di spedizione triestina Francesco Parisi, impresa internazionale di oltre 210 anni, votata ai traffici commerciali da e verso l’Europa Centrale, con particolare specializzazione nella logistica su misura, controllata e gestita dalla famiglia Parisi di ottava generazione con sedi e corrispondenti in tutto il mondo.

Ora però, senza ulteriori perdite di tempo prezioso, una iniziativa così rilevante va sostenuta strutturando in modo permanente la funzione di snodo logistico del porto tra Nord e Sud Europa, rimediando quanto prima alla grave dimenticanza del governo centrale, che non ha pensato ai far inserire Trieste nella lista delle zone franche dell’Unione Europea

In perfetta sincronica sintonia con il lancio ufficiale di TPL, ripreso da tutta la stampa internazionale, il Consiglio Regionale FVG ha approvato, a maggioranza e senza voti contrari, la mozione bipartisan (a firma dei Consiglieri Giacomelli, Bolzonello, Di Bert, Moretuzzo,, Ghersinich, Centis, Ussai, Honsell e Zalukar)  per il porto franco di Trieste, dando mandato alla Giunta regionale di attivarsi “per sostenere presso il governo la piena attuazione del particolare regime giuridico dei punti franchi del porto di Trieste, quale occasione di sviluppo economico per la regione e per l’Italia intera” (lShipMag).

Un atto importante, che recepisce l’appello-denuncia di Zeno D’Agostino di luglio scorso alla Commissione del Consiglio Regionale, sullo status doganale del porto franco di Trieste, previsto nel dopoguerra dall’allegato 8° del Trattato di pace di Parigi del 1947 e parificato al codice doganale comunitario, che consente ai paesi membri di indicare i territori facenti parte politicamente dell’Unione Europea, ma fuori dai confini doganali (77 in tutto il mondo).

Una gravissima dimenticanza dell’Italia che ha fatto escludere Trieste dalla lista delle zone franche europee pur avendone tutti i requisiti normativi, che assume la valenza di grave danno, ora  che in tempo di pandemia si sta ripensando al sistema globale di delocalizzazione produttiva delle imprese, messo in crisi dal lock down, con il ritorno a casa delle produzioni (reshoring) in ambiti regionali.

E ancora una volta D’Agostino e Sommariva, che di treni ne capiscono eccome, non hanno perso la corsa!

Giovanna Visco

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