Taglia Poltrone: perché taglia la democrazia del Paese. Cronaca di uno studio scientifico

Nel frastuono assordante delle retoriche che quotidianamente si susseguono, i decreti promulgati dal Governo e i disegni di legge della sua maggioranza continuano silentemente il loro iter, nella disattenzione generale. 


Il taglia-poltrone

Con l’obiettivo dichiarato di tagliare i costi della politica parlamentare e migliorarne il processo decisionale, di pochi giorni fa l’approvazione al Senato in seconda lettura dei testi di riforma degli articoli 56, 57 e 59 della Costituzion(Ddl A.S. 214, 515 e 805 relatore Sen. Roberto Calderoli della Lega Salvini), denominata Taglia-poltrone, già passata in prima lettura alla Camera a maggio scorso. Abbinato a questa riforma il Ddl A.S. 881, relatore Sen. Vincenzo Garruti del M5S, che prevede una riduzione, proporzionata al taglio dei seggi, del numero dei collegi uninominali e plurinominali di Camera e Senato, per svincolare l’applicabilità della legge elettorale dal numero dei parlamentari elettivi.Il taglio previsto è del 36,5%, riducendo a 600 gli attuali 945 seggi: da 630 a 400 quelli dei deputati, e da 315 a 200 quelli dei senatori, con un tetto massimo di 5 per i senatori a vita.


Si riducono i collegi. Addio all’uguaglianza di voto

Il progetto di riforma costituzionale che sta per abbattersi sulle teste degli italiani, in sostanza interviene nel sistema elettorale defenestrando l’uguaglianza del voto sancita dall’Art. 48 della Costituzione (Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico), con conseguenze dirette sull’organizzazione e sulle procedure seguite dalle Camere, i cui effetti non sono ancora non prevedibili. In sintesi, la riduzione del numero dei collegi, da una parte compromette l’omogeneità economico-sociale e storico-culturaledella popolazione elettorale di ogni collegio e riduce considerevolmente il peso della rappresentatività delle minoranze linguistiche; dall’altra aumenta la discrezionalità nel disegno dei nuovi perimetri dei collegi, che potrebbe sfavorire il diritto di rappresentanza delle coalizioni più piccole ed influenzare l’assegnazione dei seggi alle liste/coalizioni elettorali.


I conti dei parlamenti europei. L’Italia ha la struttura più dispendiosa 

Comparando il Parlamento italiano con quelli delle principali democrazie europee, l’Italia figura per dimensione tra i primi 5 parlamenti europei, ma spende per il funzionamento parlamentare più della somma di quanto spendono messi insieme Germania, Francia, Gran Bretagna, Spagna, ognuno dei quali spende circa 3,18 miliardi all’anno. È importante notare, in questo contesto, che la lievitazione esorbitante della spesa pubblica parlamentare non è condizionata dai pur esosi stipendi dei Parlamentari, la cui auspicabile riduzione colmerebbe il loro eccessivo scostamento dalla media degli stipendi italiani, ma l’eccesso di spesa pubblica è in capo al costo dei dipendenti che lavorano in Parlamento, che risulta essere molto più dispendioso di quello degli altri Paesi.  


Meno equità. A dimostrarlo uno studio scientifico 

Quanto finora esposto è in sintesi il contenuto di un interessante studio condotto con metodi scientifici, statistici e documentali di Alessandra Reale. e Guido Marinelli, che fa luce sulla riforma costituzionale Taglia-poltrone.Risalendo all’introduzione della legge n.2/1963 di modificazione degli artt. 56, 57 e 60 della Costituzione riguardo i criteri di elezione di Camera e Senato, all’epoca in Italia risiedevano poco più di 51 milioni di abitanti, ed il numero dei parlamentari elettivi ogni 100.000 ab. era uguale a 1,85. In 55 anni, l’aumento demografico del Paese ha fatto calare questo rapporto del 15,7%, contando un bacino complessivo salito a circa 60,5 milioni di cittadini al 1° gennaio 2018, che ha portato il numero dei parlamentari ogni 100.000 ab. a 1,6.Con la riduzione del numero dei parlamentari a 600 prevista dal taglia-poltrone, la rappresentatività si limita ulteriormente, passando a 1 parlamentare elettivo ogni circa 200.000 abitanti, che abbassa il rapporto popolazione/parlamentari a 1,0 con un abbattimento della rappresentatività parlamentare del 47,4% rispetto al 1963.


Il Parlamento italiano rispetto a quelli europei

Guardando al numero assoluto dei parlamentari nei differenti paesi EU, dalla piattaforma New Parline dell’Unione Interparlamentare (IPU), oggi l’Italia risulta al 2° posto con 950 parlamentari, dopo il Regno Unito, che ha 1.431 parlamentari, seguita da Francia (925), Germania (700) e Spagna (616). Ma se si guarda al numero di parlamentari che attualmente sono eletti ogni 100.000 abitanti, la classifica cambia del tutto: ai primi posti Malta (13,66), Lettonia (11,27) e Lussemburgo (9,97), mentre l’Italia precipita al 23° posto, seguita con divario decimale da Polonia, Francia, Spagna, Paesi Bassi e Germania. Con l’introduzione del Taglia-poltrone, il posizionamento dell’Italia subirebbe un’ulteriore scivolata, trascinandola al 27° posto, in penultima posizione prima della Germania (0,8), che tuttavia ha un sistema elettorale, il Bundestag, che prevede seggi soprannumerari di ripianamento dei divari in funzione dell’esito elettorale. Il taglia-poltrone, dunque, rendendo indipendente il numero dei seggi dall’ampiezza della popolazione, più che procurare un allineamento del numero dei parlamentari italiani a quello del resto d’Europa, ne aggrava lo squilibrio.

Le circoscrizioni 

Per il Senato le circoscrizioni sono 20 e sono coincidenti con le Regioni, mentre per la Camera esse sono 28 e sebbene coincidano anch’esse con i territori amministrativi regionali, fanno eccezione le Regioni che avendo maggiore ampiezza demografica, esigono la determinazione di più circoscrizioni: 4 in Lombardia e 2 in Piemonte, Veneto, Lazio, Campania e Sicilia. Ogni circoscrizione è suddivisa in collegi uninominali, in cui è prevista l’elezione di un solo rappresentante, e in collegi plurinominali.Eccetto Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige e Molise, attualmente ciascuna Regione sia per il Senato e che per la Camera, costituisce i collegi plurinominali comprendendo quelli uninominali. I collegi devono essere coerenti con il bacino territoriale, devono avere omogeneità economico-sociale, storico-culturale e contiguità territoriale, e devono evitare quanto più possibile la dispersione in tanti collegi diversi delle minoranze linguistiche, eccetto il Friuli-Venezia Giulia che ha l’obbligo di inserire la minoranza slovena in un solo collegio. La popolazione di ciascun collegio può scostarsi più o meno e non oltre il 20% dalla media nazionale, ed è prevista in ciascun collegio plurinominale l’assegnazione di seggi aggiuntivi (da 2 a 8 per il Senato e da 3 a 8 per la Camera), per evitare un numero di seggi inferiore rispetto al valore medio.


Elezione di Senato e Camera. Cosa cambia

Da quanto stabilito nell’art. 57 della Costituzione, il Senato è eletto su base regionale, in numero di 315 senatori, di cui 6 eletti nella circoscrizione Estero. Ogni Regione deve avere almeno 7 senatori, eccetto Molise (2) e Valle d’Aosta (1). Per soddisfare il principio costituzionale di equa distribuzione dei seggi tra le Regioni, è necessario non solo un congruo numero di senatori, ma anche che la loro ripartizione sia calcolata in proporzione alla distribuzione della popolazione risultata nell’ultimo Censimento. Il taglia-poltrone, mantenendo i vincoli sul numero minimo di seggi senatoriali per Regione, vanifica di fatto lo scopo del quoziente nazionale(rapporto tra la popolazione totale e il numero di seggi totali), pregiudicando il principio di equità e acuendo le discriminazioni: oggi mediamente un senatore rappresenta 192.342 cittadini (59.433.744/309), che con il Taglia-poltrone salirebbero a 303.233 (59.433.744/196), aumentando l’attuale disparità tra Regioni del 48%, per effetto della differenze di densità e distribuzione degli abitanti. Ciò trova ulteriore conferma nell’indice di dissomiglianza, ottenuto dal confronto tra distribuzione percentuale della popolazione per Regione e quella dei seggi, che sale da 3,11 a 4,6.  Per la Camera, la ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni avviene in base al quoziente nazionale dei deputati,distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione (quoziente nazionale = popolazione italiana/618, dove 618 è il numero ottenuto dalla sottrazione dei 12 deputati eletti all’estero dai 630 totali). Attualmente, un deputato è espressione di un bacino di elettori con quoziente nazionale medio di 96.171 cittadini (59.433.744/618), che con il Taglia-poltrone salirebbe a 151.617 (59.433.744/392), aumentando così l’indice di dissomiglianza da 0,57 a 0,95.


Il perimetro ampliato dei Collegi aumenta i divari tra territori

I collegi di Senato e Camera sono determinati dalla L.165/2017 e dal d.lgs 189/2017, distribuiti per il Senato in 116 uninominali e 33 plurinominali, e per la Camera in 232 uninominali e 63 plurinominali. Il taglia-poltrone non modifica le 28 circoscrizioni, ma per lasciare immutato l’attuale impianto della legge elettorale, ricorre alla ridefinizione del perimetro dei loro collegi uninominali, sostituendo il numero dei parlamentari prefissato dalla legge 165/17 con un criterio di determinazione indipendente, che riduce il Senato a 74 collegi uninominali e la Camera a 147.Nonostante la popolazione di ciascun collegio uninominale non possa scostarsi oltre il 20% dalla media della circoscrizione di appartenenza, con la ridefinizione dei perimetri il divario tra collegi uninominali di una stessa circoscrizione, può arrivare fino al 40%. Tale percentuale segnala un divario eccessivo, che si discosta perfino dal sistema del liberista Regno Unito, in cui per ciascun collegio elettorale, gli elettori registrati variano da 71.031 a 78.507, con uno scostamento dalla media nazionale massimo del 5%.Oggi, nei collegi uninominali italiani gli scostamenti della popolazione, entro il 10% dalla media nazionale, rappresentano il 57,1% dei casi per la Camera e il 40% dei casi per il Senato. Con la riforma costituzionale proposta dal Governo gialloverde, il numero di collegi per circoscrizione si riduce, aumentandone così la popolazione media, che in termini assoluti produce, sia per il Senato che per la Camera, un divario superiore al 50% riguardo il numero di elettori nei collegi uninominali appartenenti ad una medesima Circoscrizione, inficiando anche la tutela costituzionale delle minoranze linguistiche, per il crescere del bacino degli elettori nei collegi uninominali. 


Si aprono inquietudini

In conclusione, ampia variazione dell’ampiezza demografica tra collegi uninominali, discrezionalità nel garantire la coerenza delle caratteristiche economiche e sociali interna ai collegi, e tempi brevi di elaborazione della riforma sono gli ingredienti di base che caratterizzano il taglia-poltrone, trasformandolo in un boomerang. Boomerang soprattutto per la capacità in essa potenzialmente contenuta di condizionare a tavolino l’esito di assegnazione dei seggi alle liste e alle coalizioni, in netta contrapposizione a quanto indicato dalla nostra Costituzione che garantisce libertà di voto e di candidature dei cittadini.Il che apre profonde inquietudini.

Giovanna Visco e Alessandra Reale

NB: questo articolo è stato scritto il 17 luglio 2019

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