Le frontiere del mondo, viaggio nella filiera del container

Invito alla lettura dell’ultimo lavoro di Andrea Bottalico, che in questo libro unisce lo spessore di studioso alla capacità narrativa e dialogante, recensito da un altro importante studioso e ricercatore del settore, Andrea Appetecchia.

Il Comandante ed il Professore

E’ ormai qualche anno che mi occupo di porti, di logistica e di lavoro. Per attitudine e professione mi capita spesso di leggere documenti, rapporti, libri sull’argomento. Alcune cose mi incuriosiscono, altre stimolano le mie riflessioni. Sinceramente non mi era mai capitato di essere “rapito” da un libro su questi argomenti. “Le frontiere del mondo, viaggio nella filiera del container” di Andrea Bottalico (Edizioni dell’Asino, aprile 2022)” finge di essere un romanzo didascalico per conoscere il mondo dei contenitori, si trasforma in una sorta di spy story alla ricerca delle origini del container, ma a mio avviso è qualcosa di più profondo che dovrebbe essere letto proprio dagli addetti ai lavori.

Bottalico muove la trama grazie a due “Virgilio” che nella “Commedia” del container sono il Comandante ed il Professore. Per chi frequenta il mondo portuale sono facilmente riconoscibili, ma non sono mai nominati nel libro anche se descritti nei minimi dettagli. Il protagonista nella sua apparentemente disorientata ricerca della merce nei porti incontra persone, descrive con attenzione luoghi e circostanze, riporta impressioni e storie che sembra non portare a nessuna conclusione. Una caccia al tesoro, o meglio un gioco dell’oca in cui quando si ha l’impressione di trovarsi in prossimità dell’arrivo, si è costretti per qualche ragione a tornare al punto di partenza.

Il viaggio dunque ripercorre alcuni processi e fenomeni della portualità: la marginalità dei porti del mediterraneo, la competizione tra automazione e lavoro manuale (quello che un tempo richiedeva quattro camalli, oggi lo fa uno solo), non preoccupandosi di possibili cadute “luddiste” o di una superficiale lettura nostalgica del “fronte del porto”.

Non è questo lo scopo del libro, o almeno questo ho percepito. Lo si capisce quando l’autore alla ricerca del “fantomatico” Comandante e su stimolo da remoto del Professore, si avventura nei porti Top Class del Nord Europa. E’ qui che il suo errare senza meta trova uno scopo. L’ingenuo ricercatore non si fa abbindolare dalla pornografia dei volumi di traffico che spingono tali porti nelle classifiche della portualità mondiale, ma guarda al porto, al territorio ed alla gente che vive nel e del Porto. Cosa resta della montagna di contenitori, dei dragaggi verso l’abisso, delle aree logistiche rubate al mare, o ai villaggi o semplicemente alla natura? La fine del villaggio di Doel nei pressi del Porto di Anversa devastato dalla costruzione del Terminal 1742 Deurganckdok ne è la dimostrazione. Doveva essere un modello di sviluppo sostenibile ed è invece oggi il simbolo del degrado e della deturpazione di un territorio e di una comunità urbana sommersa e dispersa dai container.

Qual è la ricchezza generata da un porto moderno, in che modo viene ripartita, chi ne paga i costi? Il commento amaro dei camalli di Genova da cui prende le mosse il viaggio trova alla fine un senso. Un tempo il porto era dei suoi lavoratori, oggi è della merce e di chi ne controlla il flusso. I primi, reali con le loro storie e le loro baruffe, ma veri. Ancora oggi – quelli che restano – li trovi nei bar del Porto o nelle sale di chiamata in attesa che arrivi la merce; i secondi, invisibili quasi impalpabili, si disperdono nelle catene del valore o si nascondono nelle scatole di metallo.

Il viaggio nella filiera del container ed il suo epilogo amaro mi hanno ricordato una frase che il Mahtma Gandhi pronunciò ormai qualche tempo fa “the world has enough for everyone’s need, but not enough for everyone’s greed”…. Chi lavora in questo mondo farebbe bene a ricordarlo. (Andrea Appetecchia)

Foto di copertina di Michael Gaida da Pixabay

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