I paesi dell’Africa Orientale con affaccio sul mare, Tanzania, Kenya, Gibuti e Somalia, stanno da tempo attivando importanti investimenti internazionali, per lo sviluppo ed il potenziamento di nuovi insediamenti portuali-industriali. In posizione strategica, rispetto a Suez e rispetto ai mercati africani senza sbocco sul mare di Burundi, Repubblica Democratica del Congo, Ruanda, Sud Sudan, Uganda, Zambia, stanno pianificando e programmando moderni insediamenti logistici e produttivi, che interconnettono Oceano Indiano, grandi laghi interni e vaste aree terrestri, avvicinandoli al bacino euromediterraneo e mediorientale. Nuovi investimenti puntano a decongestionare i porti e sviluppare interconnessioni intermodali e digitali, accorciando le catene di rifornimento globale di molte materie prime e semilavorati, prospettando la regionalizzazione di diverse produzioni industriali, riducendo i tempi di trasferimento delle merci e incrementando la sicurezza import/export di tutta la regione.
Somaliland
Nel Corno d’Africa, l’operatore globale emiratino DP World, ha concluso da poco la prima fase di realizzazione di un moderno terminal container nel porto di Berbera, sulla costa meridionale del Golfo di Aden, principale porto marittimo del Somaliland, repubblica indipendente senza alcun riconoscimento internazionale delle province settentrionali della Somalia. Con un pescaggio di 17 metri e una banchina di 400 metri, il terminal container di Berbera ha una capacità di movimentazione annua di 500.000 teu, che salirà a due milioni nella seconda fase di ampliamento, estendendo la nuova banchina a 1000 metri di lunghezza, in diretta competizione con il Doraleh Container Terminal di Gibuti.
Il porto di Berbera fa parte di un ampio piano di trasformazione della città portuale in centro marittimo, industriale e logistico integrato nel Corno d’Africa, comprendente la zona economica e il Corridoio Berbera verso l’Etiopia, per quale recentemente è stato sottoscritto un Memorandum di Intesa (MoU) tra Addis Abeba e Dp World, che investirà per il suo sviluppo 1 miliardo di euro nei prossimi 10 anni.
Intanto ha presentato un’offerta di quasi 900 milioni di dollari per l’acquisizione della sudafricana Imperial Logistics, finalizzata a migliorare la supply chain in Africa.
Gibuti
Il Doraleh Container Terminal (DCT) di Gibuti è collegato direttamente via treno ad Addis Abeba, costruito con concessione trentennale nel 2009 da DP World, ma nazionalizzato dal Governo del paese nel 2018. Dopo il sequestro delle quote societarie detenute da DP Word, il governo di Gibuti ha venduto a China Merchants Ports Holding un quarto della quota del porto. Questo ha aperto una disputa legale internazionale presso la London Court of International Arbitration, che ha ordinato, invano, il ripristino della concessione di Dp World, che intanto ha chiesto un risarcimento al governo di Gibuti per le perdite accumulate finora di oltre 210 milioni di dollari.
Affacciato tra il Mar Rosso e il Golfo di Aden, con 18 metri di profondità, il terminal container di oltre 1,2 milioni di teu all’anno, è il più tecnologicamente avanzato del continente africano e principale datore di lavoro di Gibuti. Per la sua posizione strategica, Gibuti è anche base delle marine militari di Stati Uniti, Cina, Italia e Francia.
Kenya
Il Kenya, dal canto suo, ha messo in cima delle sue priorità gli investimenti portuali, per aumentare la capacità di trasporto del paese, la cui domanda è crescente. Il piano strategico del porto di Mombasa prevede che nei prossimi 10 anni movimenterà 47 milioni di tonnellate di merci, dagli attuali 34 milioni, arrivando a 110 milioni di tonnellate entro il 2050, che è stato sottoposto ad un processo di modernizzazione, che ha visto il completamento del suo secondo terminal container di capacità annua oltre 450mila teu. Inoltre, il governo ha stanziato circa 800mila dollari per lo sviluppo del porto franco e di una zona economica speciale, mentre è già completa per il 75% l’autostrada Dongo Kundu sulla costa che si collega alla Tanzania.
Il paese sta anche sviluppando il megaprogetto Lapsset (Lamu Port and Lamu-Southern Sudan- Ethiopia Transport Corridor), che ha come terminale marittimo il porto di Lamu, operativo da maggio scorso, costituito da una rete autostrade, ferrovie, oleodotti e aeroporti che interconnettono Kenya, Etiopia e Sud Sudan. Sono stati già stanziati 69 milioni di dollari per la costruzione della autostrada Lamu-Garissa-Isiolo-Moyale che collega l’Etiopia, che conta oltre 100 milioni di abitanti e ha una industrializzazione molto veloce, e quella di Isiolo-Loruk-Lodwar-Lokichogio, che collega il Sud Sudan, il cui completamento è previsto entro la fine dell’anno. Per stimolare gli scali marittimi gateway per la regione dell’Africa orientale nei porti di Mombasa e Lamu, il Kenya ha annunciato alcuni incentivi: l’esenzione di dazi e accise sul carburante marino, e di tasse e imposte sul valore aggiunto, sullo sviluppo ferroviario e sulle importazioni.
Tanzania
La Tanzania, invece, pochi giorni fa ha rilanciato l’intero progetto di realizzazione del megaporto di Bagamoyo e della Zona Economica Speciale (ZES) collegata, a 75 km a sud di Dar es Salaam sull’Oceano Indiano, del valore complessivo di 10 miliardi di dollari.
Programmato nel 2013 da un accordo quadro trilaterale tra il presidente Jakaya Kikwete della Tanzania, China Merchants Holdings International (CMHI) e il fondo statale dell’Oman State General Reserve Fund (SGRF), i negoziati per la sua realizzazione si erano arenati nel 2019, quando tra molte polemiche, il defunto presidente tanzaniano, John Magufuli, aveva respinto seccamente le condizioni principali poste dagli investitori, ancorate al periodo di concessione per il recupero dell’investimento: non costruire ulteriori porti marittimi in Tanzania, e garantire agli investitori la certezza di non essere messi in discussione a porto operativo.
Ma l’annuncio della neopresidente del Paese, Samia Suluhu Hassan, in carica da marzo scorso, durante la sua prima riunione al TNBC (Tanzania National Business Council), ha riacceso le speranze dei sostenitori del progetto, sottolineando: “Inizieremo i colloqui con gli investitori che sono venuti per il progetto con l’obiettivo di aprirlo a beneficio della nostra nazione”.
Partorito da un’idea della Tanzania Ports Authority (TPA), che lo ha poi inserito nel Piano generale di sviluppo portuale 2009-2028, la realizzazione del porto di Bagamoyo intende trasformare il paese nel più importante hub logistico dell’Africa Orientale, sfruttando la disponibilità di spazio e la posizione centrale del sito, che facilita le connessioni intermodali autostradali e soprattutto ferroviarie, attraverso il raccordo alle infrastrutture della Standard Gauge Railway (SGR) e della Tanzania Zambia Railway (Tazara).
Per il 2021/2022, il paese ha stanziato 1,3 miliardi di dollari per progetti infrastrutturali, tra cui quelli per il trasporto lacuale nei laghi Victoria e Tanganyika per aumentare la capacità di movimentazione merci e passeggeri con i paesi limitrofi; il dragaggio a 15 metri del porto marittimo di Tanga, punto di sbocco del gasdotto dell’Africa Orientale dell’Uganda; la modernizzazione del porto di Mtwara; mentre un finanziamento della Banca Mondiale per il Dar es Salaam Maritime Gateway, ne sta notevolmente migliorando le prestazioni.
Dopo i risultati dello studio di fattibilità sul progetto del porto di Bagamoyo, condotto dalla tedesca Hamburg Port Consulting, il Ministero dell’Industria e del Commercio tanzaniano, grazie alla consulenza del gruppo danese Cowi, lo ha poi collegato a quello di creazione della ZES di Bagamoyo (BSEZ), varato nel 2004 come parte del Tanzania Mini Tiger Plan 2020, il piano di strategia economica per lo sviluppo del paese. Da qui la discesa congiunta in campo del gigante cinese di Hong Kong CMHI e del fondo omanita BSEZ, per l’investimento nel progetto complessivo, che prevede una ricaduta occupazionale di circa 270.000 unità nella sua prima fase di realizzazione, con l’insediamento di oltre 700 imprese, e l’implementazione del Bagamoyo High Technology Park.
Il megaporto, che entro il 2045 prevede di raggiungere una capacità di 20 milioni di teu all’anno, integra quello di Dar es Salaam, che ormai ha quasi esaurito del tutto gli spazi di espansione, allentandone la tensione.
La Cina
La dichiarazione della Presidente della Tanzania, Hassan, segue gli scambi telefonici con il Presidente cinese Xi Jinping, di cui l’agenzia Xinhua riporta: “La Cina è pronta a lavorare con la Tanzania per consolidare la fiducia politica reciproca, rafforzando il sostegno reciproco”.
Ricordando che la Tanzania è stato il primo Paese africano visitato dopo essere stato eletto presidente, Xi ha sottolineato che “la Cina vede e sviluppa sempre le relazioni Cina-Tanzania da una prospettiva strategica e di lungo termine, sostenendo fermamente la Tanzania nell’intraprendere il percorso di sviluppo in linea con le sue strategie”, pronta a fare sinergia per la costruzione congiunta della Belt and Road Initiative (BRI).
Xi Jinping, Emmanuel Macron, Angela Merkel
Anche nel recente incontro video tra Xi Jinping, Emmanuel Macron e Angela Merkel, tra gli altri argomenti, si è parlato di Africa, per la quale la Cina si è detta disponibile a collaborazioni trilaterali e multilaterali.
La Cina è il primo partner commerciale del continente africano, ne detiene tra il 20 e il 30% del debito pubblico complessivo, e ha un ruolo di leadership. Fornisce vaccini anti Covid-19 a oltre 40 paesi africani e all’Unione Africana e ne sostiene la produzione a livello locale, ha firmato accordi di cancellazione del debito con 19 paesi e partecipa allo sviluppo sostenibile della Grande Muraglia Verde dell’Africa nella regione del Sahel, dal Senegal a Gibuti, analogamente a quanto sta facendo in Cina per contenere l’espansione del deserto del Gobi. Pechino ha invitato Berlino e Parigi ad aderire all’iniziativa di partenariato per lo sviluppo del continente africano avviata da Cina e Africa, contraccambiato dalla cancelliera tedesca Merkel che ha invitato la Cina, membro del G20, ad connettersi al Compact with Africa (CwA), il patto del G20 con l’Africa avviato nel 2017 sotto la presidenza tedesca per promuovere gli investimenti privati in Africa, a cui ad oggi aderiscono 12 paesi africani per trovare forme di cooperazione.
La cancelliera nel corso di una conferenza stampa, ha riconosciuto che Pechino è impegnata in Africa “da lunghi anni e ha le proprie iniziative”, aggiungendo che “per i paesi che ricevono è ovviamente sempre positivo che non ci siano molti attori con approcci troppo diversi”, concludendo: “Noi siamo aperti”.
Giovanna Visco