LAPIDE AD IGNOMINIA
Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi
non coi sassi affumicati dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti riposano in serenita’
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti vide fuggire
ma soltanto col silenzio dei torturati
piu’ duro d’ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità, non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo
su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama ORA E SEMPRE RESISTENZA
Piero Calamandrei
Piero Calamandrei (Firenze 1889-1956) giurista, scrittore, partigiano, uomo politico antifascista. Uno dei padri della nostra Costituzione. Membro della Consulta nazionale e della Costituente per il Partito d’azione.Il testo sulla lapide posata a Cuneo, poi a sant’Anna di Stazzena e in numerosi altri comuni italiani straziati dalla bestialità nazista, fu scritto da Piero Calamandrei in risposta alle abberranti dichiarazioni del comandante supremo nazista dell’esercito tedesco in Italia.dal 1943 al 1945, Albert Kesselring. Al suo ientro in Germania nel 1952, dopo aver scontato parte della pena carceraria a cui l’aveva condannato la Corte militare britannica per crimini di guerra, Kesselring dichiarò che non aveva alcun rimprovero da fare a se stesso. Anzi, gli italiani avrebbero dovuto dedicargli un monumento per il suo operato sul suolo italiano di salvaguardia delle città d’arte come Roma e Firenze.
Aprile 1945
Ecco, la guerra è finita.
Si è fatto silenzio sull’Europa.
E sui mari intorno ricominciano di notte a navigare i lumi.
Dal letto dove sono disteso posso finalmente guardare le stelle.
Come siamo felici.
A metà del pranzo la mamma si è messa improvvisamente a piangere per la gioia,
nessuno era più capace di andare avanti a parlare.
Che da stasera la gente ricominci a essere buona?
Spari di gioia per le vie, finestre accese a sterminio,
tutti sono diventati pazzi, ridono, si abbracciano,
i più duri tipi dicono strane parole dimenticate.
Felicità su tutto il mondo è pace!
Infatti quante cose orribili passate per sempre.
Non udremo più misteriosi schianti nella notte
che gelano il sangue e al rombo ansimante dei motori
le case non saranno mai più cosi ‘ immobili e nere.
Non arriveranno più piccoli biglietti colorati con sentenze fatali,
Non più al davanzale per ore, mesi, anni, aspettando lui che ritorni.
Non più le Moire lanciate sul mondo a prendere uno
qua uno là senza preavviso, e sentirle perennemente nell’aria,
notte e dì, capricciose tiranne.
Non più, non più, ecco tutto;
Dio come siamo felici
Dino Buzzati
Condanniamo la Guerra
Ho visto morti sconosciuti.
Sono questi che mi hanno svegliato.
Se un ignoto, un nemico diventa, morendo,
una cosa simile, se ci si arresta e si ha paura di scavarlo,
vuol dire che anche vinto il nemico è qualcuno,
che dopo averne sparso il sangue bisogna placarlo,
dare una voce a questo sangue,
giustificare chi l’ha sparso.
Guardare certi morti è umiliante.
Non sono più faccenda altrui;
non ci si sente capitati sul posto per caso.
Si ha l’impressione che lo stesso destino
che ha messo a terra quei corpi,
tenga noialtri inchiodati a vederli,
a riempircene gli occhi,
Non è paura, non è la solita vita.
Ci si sente umiliati, perchè si capisce,
– tocca con gli occhi-
che al posto del morto potremmo esserci noi:
non ci sarebbe differenza,
e se viviamo dobbiamo al cadavere imbrattato.
Per questo ogni guerra è una guerra civile:
ogni caduto somiglia a chi resta e gliene chiede ragione.
Cesare Pavese