Nel mondo globale c’è un granaio per eccellenza: è il Mar Nero, dai cui partono le navi cariche di grano e raffinati di Russia, Ucraina, Kazakistan (il più grande produttore di grano dell’Asia centrale), Bulgaria e Romania, verso i mercati di consumo africani, mediorientali e asiatici. Prima dell’insorgere della pandemia Sars-Cov2, i pronostici della stagione in corso (1° luglio 2019 – 30 giugno 2020) si annunciavano positivi, in crescita dell’8,5%, ma ora qualcosa sta cambiando.
La Russia, primo esportatore mondiale di grano, per il trimestre conclusivo aprile-giugno, ha deciso di limitare le esportazioni di frumento, segale, orzo e mais ad un massimo di 7 milioni di tonnellate (mt), procurando una leggera contrazione dei carichi in uscita, al 27 marzo di oltre 32 mt. Il Paese ha in mente la sicurezza e la stabilità alimentare domestica, minate dalle esternalità della pandemia, tra cui l’interruzione del lavoro nei campi, la riduzione dei trasporti su gomma e gli acquisti da panico, lasciando nell’incertezza gli operatori globali. Le attenzioni ora sono rivolte al prossimo 1° luglio, quando inizierà la nuova stagione, che in Russia dovrebbe rendere circa 80-82 mt di raccolto, coltivato su oltre 18 milioni di ettari, seminati principalmente a frumento.
Il timore è quello che il Governo russo promulghi ulteriori limitazioni, in risposta alla svalutazione del rublo per il calo del prezzo del petrolio, che ha avviato un processo inflattivo che sul fronte esterno, ha accelerato la domanda estera di grano a breve termine mentre su quello interno, come in passato, induce ad iniettare maggiori quantità di grano prelevate dalle scorte, per controllare l’aumento dei prezzi dei generi alimentari umani e zootecnici. Un tale rimedio non può che condizionare le quantità disponibili e il prezzo delle derrate destinateall’esportazione, anticipando gli effetti di quanto avverrà dopo il coronavirus secondo alcuni analisti, che prevedono la tendenza di tutti i Paesi ad aumentare i livelli delle scorte.
Il Governo russo in questi giorni sta preparando un bando di vendita all’asta, che potrebbe interessare fino all’83% della sua scorta di grano di 1,8 mt, immagazzinate per lo più in Siberia. Intanto, le sue esportazioni stanno risentendo delle misure anti contagio che rallentano le operazioni portuali e prevedono la quarantena per gli equipaggi delle navi, mentre nei giorni scorsi, all’ingresso del porto di Novorossiisk, principale porta delle rinfuse russe,le autorità hanno bloccato 173 camion carichi di grano, per presunte irregolarità deipermessi Covid-19.
A farne le spese è l’equilibrio della sicurezza alimentare dei Paesi che dipendono dalle importazioni alimentari, e che temendo chiusure per pandemia, ne hanno aumentato la domanda per far provvista. Fra questi, gli Stati che insistono sulle sponde del Sud Mediterraneo, campo di accesa contesa commerciale. Qui la Francia, principale esportatore di grano della Unione Europea, lotta contro il Mar Nero, e a Parigi alla notizia del tetto export russo, i mercati hanno subito reagito con un +2% dei futures sul grano.
Da circa 10 anni la Russia erode le quote di mercato francesi in Egitto, che è diventato il principale cliente di grano russo, e in Marocco, e guarda con concupiscenza al principale mercato di esportazione di grano francese, l’Algeria. Per fare muro, le imprese francesi InVivo, Axereal e NatUp hanno costituito la Grains Overseas, un’alleanza a protezione dell’export francese di grano tenero e orzo, per spingere l’Algeria a mantenere regole stringenti nelle gare di approvvigionamento delle derrate, che finora hanno precluso le importazioni dalla Russia, sebbene più economiche. Nella stagione chiusa il 30 giugno 2019 la Francia aveva esportato fuori dalla Unione Europea circa 10 milioni di tonnellate di grano tenero, mentre la sola Federazione Russa 36 milioni, in costante crescita grazie ai miglioramenti produttivi, finanziati con decine di miliardi fino al 2035, per l’allargamento commercialeanche in altri paesi, come Algeria e Arabia Saudita.
Dal canto loro, le aziende francesi per mantenere il mercato, stanno adeguando sempre più l’offerta alla domanda dei paesi africani, e recentemente la Soufflet Group a questo scopo ha realizzato un nuovo impianto portualeper la macinazione del grano sulla costa atlantica. Ma su questi mercati insiste anche un altro grande concorrente, l’Ucraina,che condivide con la Federazione Russa il Mar Nero e le condizioni climatiche che determinano la qualità e le rese dei raccolti. Nonostante i cambiamenti climatici, che per siccità e aumento del tasso di umiditàstannocompromettendo le coltivazioni del Mar Nero, la temperatura registrata nello scorso giugno ha fatto innalzare il contenuto proteico del grano, rendendolo di migliore qualità. Ciò ne ha fatto aumentare il valore economico, ed ha inasprito il duello sui mercati tra Russia e Ucraina. Quest’ultima, ha continuato ad esportare senza limiti fino a marzo oltre 45 mt di cereali, su un raccolto record di 75 milioni; ma nella settimana marzo-aprile ha dimezzato di un botto le esportazioni, a dispetto del suo target di previsione stagionale, fissato sui 52-55 milioni di tonnellate, di cui circa 20 di frumento.
Dopo le accelerazioni per l’impennata da coronavirus della domanda estera nei primi mesi dell’anno, come chiesto al governo dai molitori e dai panificatori, ora l’Ucraina pensa ad aumentare la disponibilità interna di grano, per arginare il rischio di un aumento indiscriminato dei prezzi per gli accaparramenti da panico dei consumatori o di un blocco totale. Ha già deciso di concordare volumi massimi di esportazione del grano, ed ha imposto a silos e terminali quarantene e controlli per i dipendenti e il divieto di sbarco per i marittimi.
Gli effetti del coronavirus sulle derrate alimentari globali innescano meccanismi difficili da controllare: anche in presenza di scorte interne sufficienti, gli acquisti da panico fanno impennare la domanda interna, spingendo a limitare l’export; i timori di limiti all’export fanno crescere la domanda di importazione, facendo crescere i prezzi delle transazioni indipendentemente dalle quantità disponibili sul mercato; gli agricoltori trattengono i raccolti in attesa di spuntare prezzi più alti, come avvenuto in Argentina per mais e soia, nonostante raccolti abbondanti.
Ora le attenzioni degli operatori globali sono spostate sulla nuova stagione di raccolto sud americana, che nei prossimi mesi rifornirà la Cina, considerata determinante per sostenere e dare continuità ai traffici del grano, per l’andamento dei noli delle navi rinfusiere e per la domanda di nuove navi portarinfuse, tanto più che il 65% del loro portafoglio con consegna 2020 è detenuto dai cantieri cinesi, che per il coronavirus,hanno consegnato solo 1 nave su 24 navi programmate, e ora stanno riorganizzando tutta la produzione.
Ma il coronavirus continua a condizionare,disorientando le previsioni in uscita dal Sud America delle commodities, per i blocchi delle attività in Argentina e Brasile,le agitazioni nei porti argentiniper salute e sicurezza,i rallentamenti delle operazioni di caricazione delle navi, le proteste degli autotrasportatori brasiliani lasciati soli per migliaia di chilometri per la chiusura dei servizi. Tutto questo hagià messo in seria difficoltà l’esportazione di soia,inquietando un momento apicale dei mercati globali del grano,che non potranno disporre di altri raccolti di grano e semi se non tra qualche mese, quando si farannoin Usa e Mar Nero.
Finora le interruzioni del commercio internazionale del grano non sono state troppo gravi, ma la situazione è volatile e tutto potrebbe cambiare in peggio al perdurare della pandemia. Intanto, i rallentamenti di tutte le operazioni portuali per coronavirus stanno allungando i giorni di noleggio a tempo delle navi, facendo aumentare i costi delle spedizioni, con conseguenti rincari.
Giovanna Visco
Questo articolo è stato pubblicato da ShipMag il 9 aprile 2020