Porti: il lavoro presidio nazionale e di coesione sociale

L’ultimo libro di Pietro Spirito, fino allo scorso gennaio Presidente AdSP del Mar Tirreno Centrale (Napoli, Salerno e Castellammare di Stabia), intitolato Il futuro dei sistemi portuali italiani, Governance spazi marittimi, lavoro pubblicato da Guida Editori, ha animato il dibattito organizzato dal Propeller Club Port of Trieste. Insieme all’autore, al presidente nazionale The International Propeller Clubs, Umberto Masucci, a Fabrizio Zerbini presidente e  deus ex machina delle iniziative Propeller Trieste, hanno partecipato i presidenti Zeno D’Agostino e Mario Sommariva.

Il saggio offre una lettura agevole di temi complessi, strutturato in un’introduzione sullo scenario strategico delle attività marittime, e tre capitoli: le regole di funzionamento dei sistemi portuali; l’evoluzione marittima europea basata sullo sviluppo dei nodi integrati e intermodali; lo scenario delle trasformazioni nel lavoro portuale marittimo. Zeno D’Agostino, Presidente della AdSP del Mar Adriatico Orientale,  nel corso della presentazione ne ha dato  “un giudizio  molto positivo, a prescindere dalle opinioni che esprime”, apprezzandone l’impalcatura teorica che offre la cassetta degli attrezzi con cui “affrontare i veri temi su cui occorre ragionare quando si gestisce un porto”.

Nel suo intervento, Pietro Spirito ha richiamato le responsabilità politiche nel rapporto  Italia – Europa, che hanno prodotto i difetti che caratterizzano la portualità italiana. “Il limite italiano è di essere poco adempiente, mentre l’Europa va avanti”, come nel caso della  direttiva Bolkestein e dell’esenzione fiscale delle attività concessorie delle Autorità di Sistema Portuale, ritenuta aiuto di Stato dalla Ue.

“L’Europa ha chiesto invano più volte all’Italia di spiegare la questione”; tuttavia, secondo Pietro Spirito, la natura stessa delle attività che riguardano le concessioni le assoggetta inevitabilmente a tassazione, ritenendo qualsiasi “battaglia contro tale evidenza persa”. La mancanza di dialogo con l’Europa ha penalizzato  l’Italia, a differenza di altri paesi, come la Spagna, che “più saggiamente ha discusso con l’Europa”, ottenendo di poter reinvestire esentasse gli utili derivanti dalle concessioni.

La più grande manchevolezza da parte dell’UE, invece, è di non avere alcuna idea geopolitica sul fatto che il Mediterraneo sia ridiventato un centro strategico. Mentre Turchia e Russia occupano Libia e Siria, per l’Europa il Mediterraneo resta solo un mare di migranti. Mentre gli Stati Uniti, rinverdendo il Patto Atlantico, mostrano di averne compreso la nuova centralità, nel recovery fund europeo manca il coraggio euromediterraneo. Secondo Spirito, è assente una visione euromediterranea, “che dobbiamo pretendere”, a partire dal finanziamento europeo delle  Autostrade del Mare, finora erogato solo a quelle del Nord Europa, escludendo quelle italiane, mediterranee e nord africane. Forti della presenza di Draghi, che spinge l’Europa verso una strategia euromediterranea e transatlantica, occorre spostare l’attenzione dall’Est, finora spinta dalla Germania, sul futuro del Mediterraneo: diversamente, ritiene Spirito,  prima o poi l’Europa si disgregherà.

Riguardo il lavoro, Spirito ha sottolineato che benchè con la digitalizzazione e l’automazione esso stia cambiando, i nostri porti “sono antidiluviani”, a differenza degli altri porti del mondo, che parlano di blockchain, che riduce i costi di transazione di circa il 15% eliminando i passaggi cartacei, mentre l’Africa è già digitale, cablata dai cinesi, che solo in Nord Africa contano circa 2milioni di cittadini.

Il lavoro non può rifiutare la digitalizzazione. Esso va difeso “nel mercato, che deve essere regolato, incluso quello digitale, con un forte investimento. Bisogna accorpare le capacità professionali, rendere le persone più sapienti attraverso la digitalizzazione. I lavori umili si ridurranno e questo deve essere motivo di orgoglio, non di pena. Il tema è come proteggere il lavoro”, ha ribadito Spirito.

Sollecitato dalla domanda del moderatore Riccardo Coretti sulla incompletezza della legge italiana sui porti, Mario Sommariva, Presidente AdSP del Mar Ligure Orientale, ha sottolineato che “la pandemia ha talmente impresso velocità ad alcuni processi”, come la digitalizzazione e il cambiamento della globalizzazione economica con la ricollocazione del sistema industriale, da far risultare di un’era geologica diversa qualche aspetto della riforma dei porti.

Pensata sotto un profilo sostanzialmente amministrativo di taglio della spesa pubblica, la riforma dei porti italiani nasceva in una legge delega di riassetto del sistema pubblico, che tra gli indirizzi ha inserito la razionalizzazione delle autorità portuali, riducendone il numero.

Sull’onda del concetto di taglio e  partendo dall’idea che limitassero la politica nazionale, si è anche proceduto a sottrarre alle categorie economiche e sociali la governance delle autorità portuali, senza tuttavia recuperare adeguatamente il ruolo del partenariato. Ma nei porti, “l’esigenza di partecipazione delle categorie economiche e sociali è una necessità di equilibrio”.

Dopo anni di mancata sintesi, con il Ministro Giovannini si sta vivendo un nuovo slancio, che sta facendo funzionare la conferenza dei presidenti AdSP,  quale “momento di sintesi collegato ad una strategia post pandemia e alle nuove politiche di resilienza”, con un accentramento verso lo Stato delle decisioni strategiche.

La vicenda della tassazione dei canoni portuali potrebbe mutare la configurazione giuridica della AdSP, ma a mancare ancora è la soluzione dei nodi concreti: art 18 e la gestione delle concessioni dei terminal, per il quale vige il Codice della Navigazione del 1942, i cui criteri sono arretrati. Con questo sistema giuridico, più che a trasformare o meno in Società per Azioni (SpA) le Autorità portuali, diventa difficile guardare all’innovazione portuale nel rapporto tra porto e industria e sull’utilizzo delle aree portuali.  In questa direzione, la componente amministrativa ha funzionato, ma da sola non è sufficiente, sono necessari altri strumenti.

Su sollecitazione di Coretti, Zeno D’Agostino, che oltre ad essere Presidente  AdSPMAO, è anche Vice presidente di Espo (European Sea Ports Organization), ha sottolineato che Bruxelles non ci chiede di trasformare i porti in Società per Azioni.

“L’Unione Europea neanche sa cosa siano le AdSP”, che devono essere soggetti molto dinamici, quindi imprenditoriali, attraverso l’Autorità e le sue partecipate.

Ritengo che l’elemento che abbiamo configurato per la gestione dei porti, ente pubblico non economico, sia utile  e sufficiente per gestire le cose”, ha affermato D’Agostino.  In questi anni  nel ruolo di autorità pubblica “abbiamo sviluppato società partecipate, ottenendo una serie di strumenti molto più agili”, con cui l’Autorità portuale può intervenire in molti ambiti e nei servizi di interesse economico generale. Tuttavia, è un forte  limite il non poter detenere la maggioranza relativa nelle partecipate, cosa di cui “non ne capisco il perché”.

Ha poi rivolto un apprezzamento al tema degli  spazi marittimi affrontato da Spirito, per la chiara visione di quello che succede e del rapporto fortissimo tra porto e città, ben esemplificato dalla governance territoriale della Port Authority di New York, che rappresenta un modello che gestisce tutto l’insieme delle infrastrutture della mobilità e della logistica (porto, aeroporti, piattaforme logistiche, ecc.): un capitolo che “dovrebbe essere digerito dalla politica”.

Precisando che vi sono momenti in cui un modello può essere valido e in altri meno, D’Agostino ha poi evidenziato che “Oggi abbiamo bisogno di una amministrazione pubblica forte, che sappia governare; c’è bisogno di creare spalle forti”, che sappiano sostenere i territori, permettendogli di lavorare bene.

L’oggetto di discussione dell’incontro si è poi spostato sul tema del lavoro, ed il suo rapporto con la digitalizzazione e l’automazione.

Zeno D’Agostino, discostandosi dalla visione esplicitata nel libro, riguardo il sistema e la flessibilità, ha sottolineato che nel momento in cui una singola componente lavora in un sistema complesso formato da molti soggetti come  porti, interporti, zone franche, società,  ecc., perde valore in sè stessa, perchè il sistema fa perdere peso ai singoli elementi. Questo è stato il ragionamento complessivo portato avanti con successo dall’AdSP MAO, affinchè singoli elementi non diventassero un peso di redditività per sé stessi, soprattutto in un campo come il lavoro, che non è un tema puntuale: un art.16 o 17 non può avere la forza di un terminalista. Se la competitività è data dal sistema e non da singoli soggetti, si crea un ambiente dove gli elementi più deboli, come lavoro, manovre ferroviarie o altri anelli, vengono protetti, “a condizione che si attui una politica di gestione complessiva del sistema”.

Infine, aggiunge D’Agostino, il mercato del lavoro dei porti deve essere considerato anche “come presidio di interesse nazionale: se c’è un elemento delicato su cui i soggetti esterni non devono mettere le mani , è proprio il lavoro”, che deve essere considerato anche in termini geopolitici. Da qui si evince che il lavoro non può andare in mano all’investitore, che può avere modelli di riferimento anche molto distanti dai nostri, motivo per il quale l’autoproduzione è anche un problema di presidio geopolitico.

Dalla visuale di Mario Sommariva, il lavoro resta e resterà la base della coesione di una società. Il tema vero, quindi, è di come si governa la transizione, attraverso quali strumenti di regolazione pubblica, che recepiscano l’importante funzione del lavoro per la vita stessa della società.

“Se il cappello in mano servisse a passare da una situazione all’altra” in modo non traumatico, potrebbe essere preso in considerazione, “il problema è capire dove si va, e dove si vuole arrivare”. Va bene chiedere soldi per favorire il cambiamento, ma “non sarebbe positivo se avesse scopi conservativi”.

Non può essere ignorato il fatto che la blockchain innesca processi di “cambiamento profondo su fasce di intermediari che campano su quella montagna di carte. A La Spezia c’è una fascia di imprenditori che vedono ristretti i loro margini di azione da alcuni processi di digitalizzazione”, ha spiegato Sommariva.

Il tema vero è “come governiamo una transizione del genere”. È necessario un approccio diretto, mantenendo la coesione attraverso il lavoro, che è la forza di un sistema complessivo e non un fattore meramente economico.                                                     

Una mancanza di governo di questo processo significherebbe anche capovolgere quei valori che consentono di competere. Da questo punto di vista, “siamo tutti col cappello in mano”.  L’AdSP deve porsi interventi di transizione e di protezione del lavoro, che è presidio nazionale e della coesione sociale, principio da seguire e sostenere proprio adesso che  affluiscono massicci interventi finanziari,  dai fondi del PNRR al piano di Biden da 1.900 miliardi di dollari per rimediare alla perdita di ricchezza privata.

Sul finire del dibattito, il Presidente Fabrizio Zerbini ha rimarcato la burocrazia che affligge i porti, aggravata dalla presenza di troppe Authority nazionali, che avendo voce nei porti, non solo ne aumentano i livelli burocratici, ma chiedono anche sostegno economico alle imprese portuali.

                                                                                                            Giovanna Visco

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