UNCTAD, traffici marittimi delle regioni in via di sviluppo. Asia, Africa, Americhe, Oceania

Recentemente la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo, UNCTAD, ha recensito i dati annuali relativi al traffico marittimo, con focus sulle regioni in via di sviluppo. Le aree analizzate dal Review of Maritime Transport 2020 sono Asia, Africa, Americhe e Oceania. 

L’edizione di quest’anno non ha potuto sfuggire ad alcune considerazioni relative alle ripercussioni che la pandemia Covid-19 sta avendo sul commercio mondiale e sui relativi traffici.

Innanzitutto emerge con chiarezza l’interdipendenza globale delle nazioni e la messa in moto di nuove tendenze dalla progettazione delle catene di approvvigionamento alle abitudini di consumo che ridisegnano il trasporto marittimo, passando per la sostenibilità ambientale e per il crescente protezionismo commerciale e politico di diversi paesi. 

La pandemia ha fatto insorgere la necessità di proteggere dal contagio i portuali e i marittimi, mantenendo contemporaneamente aperti i porti per consentire le partenze e gli arrivi delle merci e sviluppando il trasporto intermodale. In tutti i casi, la pandemia ha reso chiaro che il trasporto marittimo è indispensabile.

A livello generale, il Covid-19 ha accelerato la diffusione capillare dell’e-commerce, con conseguente aumento della domanda di spazi per lo stoccaggio che sta già superando l’offerta; ha reso palese la necessità di accelerare la digitalizzazione delle società di navigazione e dei porti per superare i problemi di iper congestionamento; ha aperto problematiche di gestione dei container vuoti, legati ai ritardi nella loro riconsegna in diversi porti.

Il consuntivo 2020 Unctad prevede la diminuzione del 4,1% del volume complessivo del commercio marittimo internazionale, causata dai colpi subiti sia dalla domanda che dall’offerta, quali le interruzioni, la contrazione della domanda, l’incertezza economica globale. Tutto questo su uno sfondo 2019 indebolito dalle persistenti tensioni commerciali, che hanno scosso a livello globale produzione e scambi: nel 2019 il volume dell’interscambio globale ha raggiunto 11,08 miliardi di tonnellate, crescendo solo dello 0,5%, in calo di quasi il 3%, rispetto a quanto si era fatto nel 2018. In analoga direzione il traffico a valore aggiunto dei container, cresciuto del 2%, dal 5% del 2018. 

Le tensioni commerciali hanno causato un riallineamento dei flussi dalla Cina verso altri mercati, specialmente quelli sud-est asiatici, e benchè nel 2019 gli Stati Uniti abbiano aumentato costantemente il loro export anche verso l’Asia specie delle navi cisterna, le nuove tariffe aggiuntive hanno ridotto il commercio marittimo mondiale dello 0,5%, nonostante la mitigazione della crescita dei mercati alternativi.

A seguire una estrapolazione dei dati relativi agli andamenti macro dei traffici marittimi 2019 di Asia e Africa, che comprendono i paesi in via di sviluppo che più interessano l’area mediterranea e la portualità italiana/europea. 

Asia

Nel 2019 l’Asia ha confermato il suo ruolo dominante nel commercio marittimo globale sia per le merci caricate, con quota 41%, e sia per quelle scaricate, con quota 62%, distaccandosi nettamente dal resto dei continenti, le cui quote complessive sono rispettivamente per l’Europa 16% e 19%, per le Americhe 22 e 13%, per l’Africa 7 e 5% e per l’Oceania 14% (principalmente materie prime secche alla rinfusa australiane) e solo 1% di merci scaricate.

In generale, l’Asia rappresenta oltre il 50% dei volumi del commercio marittimo globale, che la conclamano hub marittimo, quota che sale nell’ambito dei paesi in via di sviluppo al 76%.

L’integrazione produttiva intra-regionale ha sostenuto e stimolato i traffici container infra—asiatici, con crescita maggiore per quelli del sud-est asiatico. A seguito delle tensioni Usa-Cina alcuni paesi hanno beneficiato del cambiamento dei modelli commerciali e delle rotte, conquistando quote di mercato inaspettate. Tra questi spicca il Vietnam, seguito da Cambogia, Indonesia, Malesia, Filippine, Singapore e Tailandia. Flussi infra-asiatici e commercio sud-sud hanno prodotto complessivamente circa il 40% di tutto il traffico container del 2019.

Complessivamente, nel 2019 in Asia si è movimentato quasi il 65% del traffico portuale container globale, una enormità se raffrontato al 2% scarso dell’Oceania, che dà la cifra delle asimmetrie globali, legate anche a differenze demografiche oltre che economiche. 

Nella classifica dei primi 20 porti container del mondo 16 sono asiatici, di cui 8 nella Cina continentale, 1 nella Ras di Hong Kong e 1 nella provincia cinese di Taiwan. La Cina che non arriva al 2% delle linee di costa mondiali, nel 2019 da sola ha rappresentato il 16%  del Pil globale, il 13% degli export, l’11% degli import, il 30% dei TEUSs movimentati nei porti.

In generale, sugli equilibri dei traffici portuali container hanno influito anche alcune modifiche normative nazionali, come l’allentamento delle regole di cabotaggio dello Stato indiano del porto di Krishnapatnam, che ha fatto aumentare il traffico costiero e il trasbordo marittimo, a spese di quello del porto di Colombo nello Sri Lanka.

Africa

Sebbene circa 1/3 degli Stati africani non abbiano sbocco sul mare, il trasporto marittimo è la principale porta di accesso al mercato globale per tutto il continente. Il commercio internazionale africano dipende fortemente dalle spedizioni marittime e dai porti.

Nel 2019 i porti africani hanno caricato quasi il 7% del commercio marittimo globale e scaricato il 4,6%.

In generale, la ripartizione del commercio marittimo africano nel 2019 si è suddiviso per il 36% in Nord Africa, per il 27% nel Western Africa, per il 18% in Africa del Sud, per il 13% in Africa Centrale e per il 6% in Africa Orientale. Complessivamente, nel 2019 l’Africa ha rappresentato circa il 12% dei volumi caricati dai paesi in via di sviluppo ed il 7% di quelli scaricati, al terzo posto dopo Asia e America Latina/Caraibi.

A differenza dell’Asia, l’Africa è marginalmente integrata nelle reti mondiali di produzione e commercio e ha uno scarso commercio intra-regionale. Circa la metà delle merci esportate via mare hanno riguardato il traffico delle navi cisterna, mentre oltre i 2/3 dell’import ha interessato i carichi secchi, rinfuse e container.

I terminal container africani movimentano circa il 4% del volume globale containerizzato, ed è in gran parte relativo a manufatti. Tale volume è destinato ad aumentare sensibilmente con lo sviluppo del Trattato di libero commercio continentale africano, AfCFTA, che ha creato l’area di libero scambio panafricana, firmato a luglio 2019 da 54 Stati africani, tutti eccetto l’Eritrea, ed entrato già in vigore con la ratifica di 28 Stati, 6 più del minimo necessario.

I paesi africani meglio collegati sotto il profilo marittimo, sono quelli agli angoli del continente sulle rotte marittime internazionali: Marocco, Sud Africa, Egitto, seguiti da Gibuti, Togo e Mauritius. I primi 5 porti africani serviti da linee regolari sono TangerMed (Marocco), Port Said (Egitto), Durban (Sud Africa), Tema (Ghana) e Lome (Togo). In generale i porti africani sono collegati tra loro non per interscambio intra regionale, ma dai servizi feeder e di transhipment. Durban e Città del Capo ad esempio sono connesse tra loro da 12 linee, Luanda e Città del Capo da 7, Mombasa e Der es Salaam da 10, mentre solo 6 linee collegano Mombasa a Ningbo.  La connettività del porto di TangerMed, invece, è più alta con Algesiras e Valencia.

Nella  classifica delle operazioni portuali  (ore portuali medie ponderate in base alle dimensioni navi) 5 degli ultimi paesi sono africani. C’è bisogno di migliorare le infrastrutture e di promulgare riforme, osserva UNCTAD, per permettere ai porti africani di gestire efficacemente la domanda che è in continua crescita ovunque.

                                                                                          Giovanna Visco

Foto di copertina: Porto di Durban, photo credit Brand South Africa

Questo articolo è stato pubblicato da ShipMag

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