I fermenti del Mar Caspio

Recentemente Russia e Turkmenistan hanno firmato un Memorandum di intesa per la cooperazione bilaterale nel trasporto marittimo e nella logistica, che include un nuovo servizio regolare di traghetti sul Mar Caspio, tra il porto internazionale di Turkmenbashi  e il porto multifunzionale di Olya, nel canale Volga-Caspian, il più grande porto russo commerciale del Caspio, anello di collegamento strategico costruito dalla Russia per creare una porta di mare sul Caspio, dopo la caduta dell’ex Unione Sovietica.

Il traffico sul Mar Caspio nei primi 6 mesi 2020 è aumentato del 20%, e il porto di Turkenbashi è anche nodo strategico della tratta commerciale del Corridoio multimodale Lapislazzuli, che dalle città afgane di Akina e Torgundi arriva a Turkenbashi, da cui via nave si collega a Baku in Azerbaijan, e da lì a Poti e Batumi  in Georgia, e poi allo snodo ferroviario di Kars fino Istanbul  in Turchia, da cui può congiungersi al sistema di trasporto europeo. Tutto questo  in meno di 16 giorni, a differenza dei 20 necessari dal porto pakistano di Karachi. Da gennaio a maggio di questo anno, nonostante le restrizioni per il Covid-19, circa 60.000 tonnellate di merci sono passate via Azerbaigian da e per l’Afghanistan, paese con il quale il Turkmenistan a settembre scorso ha stabilito un Memorandum di intesa per accelerare la realizzazione del TAPI. L’accordo prevede l’acquisizione dei terreni su cui dovrà passare il gasdotto Turkmenistan, Afghanistan, Pakistan, India (TAPI), il progetto inaugurato nel 2015. Il Trans-Afghanistan Pipeline del valore di circa 8 mld di dollari, avrà capacità annua di 33 miliardi di metri cubi di gas, ed è sviluppato dalla Galkynysh-TAPI Pipeline Company Ltd con la partecipazione della Adb, Asian Development Bank. Il gas naturale dal campo di Galkynysh in Turkmenistan dopo 205 km, varcherà il confine afghano per 816 km, passando per le città di Herat e Kandahar, poi quello pakistano per 819 km toccando le città di Quetta e Multan, per finire la sua corsa in India a Fazika.

Il Caspio, il settore energetico del Turkmenistan e la Russia

Il settore energetico fossile rappresenta oltre il 22% del Pil del Turkmenistan e circa il 78% del suo export, rendendolo molto esposto alle fluttuazioni del mercato globale. Il 1° dicembre prossimo alla conferenza internazionale on line sulla cooperazione energetica ospitata dal Turkmenistan, si discuterà di diplomazia energetica e del rafforzamento della cooperazione e delle condotte transnazionali per lo sviluppo sostenibile e la sicurezza. Il paese sta valutando di attrarre investimenti nei suoi blocchi offshore, dove la produzione di gas è stimata in circa 6 trilioni di metri cubi (fonte menafin.com).

Intanto, la Turkmenbashi Oil Processing Complex, fiore all’occhiello della industria di raffinazione petrolifera del paese, questo anno ha già effettuato 25 spedizioni di navi cisterna cariche di diesel per il porto caspico russo di Astrakhan, un traffico verso la Russia che si è ripreso a fine 2019, dopo una lunga interruzione iniziata nel 2014 per problemi tecnici di stoccaggio e di tariffe ferroviarie, con una prima spedizione di 6.000 tonnellate di gasolio nel porto di Makhachkala. Nello stato federale russo del Daghestan, questo è l’unico porto caspico della Russia ad essere libero dai ghiacci  e in acque profonde, collegamento strategico per la rete di trasporto della Russia meridionale verso l’Asia centrale e l’Iran. È l’infrastruttura portuale in maggior crescita fra i 14 porti russi del Caspio, nel 2019 ha movimentato oltre 3,6 milioni di merci, e Putin progetta di potenziarlo fino a trasformarlo in hub logistico per la regione del Caucaso e per il collegamento della federazione russa con l’Iran, in diretta concorrenza con il porto azero di Baku, che si sta affermando come centro logistico euroasiatico e porto di interconnessione del Caspio.

Il Caspio è l’epicentro di numerosi oleodotti e progetti energetici che collegano i giacimenti dell’Asia centrale e del Caucaso all’Europa, qui si compiono scelte strategiche che condizionano il mercato dell’energia globale, e la Russia per aumentarne l’export, sta mettendo all’asta licenze di esplorazioni e sviluppo di 30 anni nei pressi dell’isola disabitata di Tyuleny del Daghestan, che è in collegamento diretto mediante oleodotto con il porto di Novorossiysk sul Mar Nero.  

Dai dati Russian Trade, nel 2019 l’interscambio bilaterale Russia-Turkmenistan ha raggiunto circa 700 milioni di dollari, crescendo del 56%, dominato da prodotti minerari, macchinari, attrezzature, prodotti chimici ed alimentari e commodity alimentari.

L’import alimentare del Turkmenistan

Con il suo vicino iraniano, invece, sono ancora in vigore chiusure e restrizioni al confine, che l’Iran sta sollecitando di riaprire per consentire il passaggio dei  traffici commerciali  ferroviari e su gomma, anche a costo di acquistare gas turkmeno, pur di sbloccare la situazione. L’Iran da tempo è il fornitore agroalimentare per molti prodotti di base del Turkmenistan, che tuttavia sta aumentando l’import dalla Russia, come quello di olio di palma e girasole, che nei primi 9 mesi 2020 è aumentato di circa 8 volte rispetto al 2019 (fonte eurasianet). Secondo la FAO, il Turkimenistan sta cambiando la sua programmazione agricola, abbassando la produzione di grano, che nel  2020 si stima sarà di 1,4 milioni di tonnellate, ben al di sotto di quella del 2019 benché del 6% superiore alla media quinquennale, per passare il 10% dei terreni alla coltivazione del cotone, più redditizio. 

L’aumento dell’import alimentare del Turkmenistan dall’Unione dei paesi euroasiatici, UEE o EAEU, è significativo: tra gennaio-agosto di questo anno vi ha acquistato oltre 34.000 tonnellate di patate, circa 7 volte in più rispetto allo stesso periodo 2019, oltre 53.000 tonnellate di grano, il 30% in più, e altri aumenti quantitativi si registrano per l’olio di girasole e la farina. Negli ultimi 4 anni i paesi UEE hanno aumentato la produzione agricola dell’11%, portandola ad un valore di 120 miliardi di dollari, con conseguente aumento degli export. L’aumento delle importazioni turkmene tende a colmare un deficit dovuto a più cause, tra cui i cittadini rimpatriati per il coronavirus, che hanno fatto aumentare la domanda di prodotti di qualità. Ma adesso molti cittadini, a cominciare nella capitale Ashgabat, la città con più marmo e decorazioni dorate del mondo, per carenza di pane, uova e  olio, fanno lunghe file dalle 5 del mattino, come fanno sapere  i media turkmeni costretti a lavorare dall’estero per motivi di censura e di sicurezza, contraddicendo la propaganda ufficiale del regime, di fatto totalitario, di Gurbanguly Berdimuhamedow. Le autorità negano il coronavirus, ma le rotte internazionali della compagnia di bandiera Turkmenistan Airlines sono sospese anche nel 2021, mentre i viaggi interni sui treni riprenderanno solo il 1 gennaio 2021 e hanno abbassato il bilancio 2021 del 6% rispetto a quello del 2020, facendo intravvedere l’inizio di un passaggio da una economia basata sui sussidi,  verso una maggiormente orientata allo sviluppo del mercato privato.

L’Iran

Sul Mar Caspio spicca l’unica area franca meridionale costruita dall’Iran, estesa 9.400 ettari con 40 km di costa: la Anzal Free Zone, una delle 7 zone di libero scambio del paese, potenziate da quando gli Stati Uniti gli hanno imposto nuove sanzioni nel 2018. Ridurre la sua dipendenza dall’export petrolifero è stata la principale risposta dell’Iran, sviluppando altre produzioni interne e  la logistica. Anzal Free Zone è una finestra sull’Eurasia e porta strategica per le relazioni commerciali con l’EAEU, l’Unione Economica Euroasiatica.

L’Unione dei paesi euroasiatici e l’Iran

L’EAEU o UEE, a cui aderiscono Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Russia, è un mercato unico di unità economica internazionale e di libero scambio anche di manodopera, senza moneta unica, di 200 milioni di persone e 5 trilioni di dollari di PIL combinato. È dominato dalla Russia, che agevola le tariffe e l’accesso al suo gas e petrolio ai paesi membri, ed ha come obiettivo esplicitato da Putin, l’estensione del blocco a tutti i paesi ex Unione Sovietica, non membri UE. 

Un progetto che si contende con l’Unione Europea alcuni paesi che hanno ricevuto da entrambi una offerta di adesione: Georgia, Moldavia, Ucraina e Turchia, mentre recentemente il Parlamento russo ha ratificato l’accordo di libero scambio che la Serbia, nel cuore balcanico dell’Unione Europea, ha sottoscritto con l’EAEU, che entrerà in vigore non appena tutti i paesi membri vi assentiranno formalmente, che la Serbia si aspetta avvenga entro il 2020. In base a questo accordo, il paese balcanico europeo potrà esportare 2.000 tonnellate di sigarette esenti da dazio, circa 90.000 litri di vino, 400 tonnellate di formaggio di vacca, quantità illimitate di prodotti caseari di capra e pecora, volumi illimitati di acquavite. 

L’Iran ha raggiunto un accordo di libero scambio con l’EAEU nel 2018, entrato in vigore ad ottobre 2019 e valido per 4 anni, in base al quale si sono stabilite regole commerciali tra EAEU e Iran raccordate a quelle dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO), di cui l’Iran non fa parte, e tariffe preferenziali per circa 860 articoli, facendo aumentare sensibilmente gli export iraniani non petroliferi verso i paesi del blocco. 

Nella conferenza internazionale EAUE sul ruolo geopolitico delle zone di libero scambio nello sviluppo regionale, ospitato dalla Anzal Free Zone, che è situata sul corridoio internazionale centro asiatico nord-sud ed è connessa ai porti russi di Astrakhan e lagan, al porto kazaro di Aktau e a quello azero di Baku, l’Iran ha chiesto maggiore interazione economica regionale e maggiori scambi, per garantire stabilità economica e sicurezza in tutta la regione, che potenzialmente potrebbe diventare, secondo l’Iran, uno dei principali centri economici e politici del mondo. 

Da marzo ad agosto di questo anno, l’interscambio Russia-Iran è ammontato a circa 2.800 miliardi di dollari, in aumento del 6% rispetto allo stesso periodo 2019, il più importante in ambito EAUE. 

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