Dall’Asia all’Europa le vie alternative al tutto mare attivate dalla Russia

Dai dati ufficiali della dogana cinese, sono stati oltre 2.000 i treni merci che hanno viaggiato tra Cina e Europa, circa il doppio rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Dal 2016 i collegamenti terrestri euroasiatici ferroviari attraverso la Russia crescono senza sosta, aumentati del 700%. Nell’anno dell’esplosione della pandemia Sars Cov-2, il 2020, spinte dal  lockdown e poi dal surriscaldamento del trasporto marittimo, le spedizioni su ferro sono incrementate del 50%.

In numeri assoluti, nei primi 2 mesi 2021 la merce viaggiante su ferrovia dalla Cina ha interessato 209.000 container, una piccola quota rispetto alle esportazioni totali cinesi, che nel solo gennaio e nel solo porto cinese di Yangshan a sud di Shangai ha segnato 2 milioni di container. Tuttavia, l’espansione della capacità ferroviaria avanza inarrestabile, non solo per i nuovi insediamenti economici nelle aree interne della Cina, ma anche per una domanda crescente che si sta spostando dal mare, per i congestionamenti portuali, la carenza di box, e gli incidenti sempre più frequenti delle meganavi. Stracariche di contenitori pieni, navi di enormi dimensioni affrontano condizioni meteo avverse sempre più frequenti e violente, che sovente causano perdita di box a mare, e difficoltà di manovra in porti e canali, spesso dando luogo ad incidenti, tra cui quello eclatante della Ever Given, arenatasi durante una violenta tempesta di vento e sabbia, che ha bloccato il transito sul Canale di Suez e messo totalmente fuori uso la direttrice marittima Asia-Europa per 6 giorni.

Un evento che ha fatto impennare la domanda di trasporto ferroviario euro-asiatico, settore nel quale opera, tra gli altri, la russa Fesco Transport Group, che da tempo sta strutturando un sistema di trasporto alternativo al tutto mare. Con una flotta di 8mila unità rotabili, di cui 5mila piattaforme container e 43mila container, che la pone tra i 10 maggiori operatori ferroviari privati russi, Fesco controlla il porto commerciale privato di Vladivostok, nell’Estremo Oriente russo, regione tra il lago Baikal, nella Siberia orientale, e il Mar del Giappone. Porto franco, dal 2015 capolinea della ferrovia transiberiana che nasce a Mosca, situato a poca distanza dal confine con la Cina, nel porto di Vladivostok la flotta di 18 navi di Fesco collega il sud est asiatico alla ferrovia russa verso Occidente. Il network intermodale di Fesco sposta le merci da/a Cina, Giappone e Corea ai terminal ferroviari dell’Unione Europea in circa 19 giorni, un transit time estremamente competitivo con i 30-33 giorni necessari alle merci sulla direttrice marittima Asia Orientale – Nord Europa via Canale di Suez. Questo sistema da tempo ha destato l’interesse della multinazionale specializzata emiratina DP World, che ha già compiuto diversi tentativi per entrare nella compagine azionaria del porto, per potenziare un disegno di espansione logistica iniziato con l’acquisizione dell’operatore paneuropeo di feeder e shortsea Unifeeder Group, e proseguito con quella del 44% di Swissterminal, approdando poi,  nel 2019, all’accordo di sviluppo integrato della rotta della Federazione Russa Mar del Nord-Artico, firmato  durante l’ultimo Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo, con il fondo  pubblico russo fondato da Putin,  Russian Direct Investment Fund; il Rosatom, operatore infrastrutturale autorizzato della rotta NSR (Northern Sea Route) nonché proprietario dell’unica flotta rompighiaccio nucleare al mondo; l’operatore russo Norilsk Nickel, leader mondiale nella produzione di palladio e nichel.

Tornando al porto di Vladivostok, la sua movimentazione container nei primi due mesi dell’anno è salita di oltre il 15%, attestandosi intorno ai 110 mila teu, che confermano il suo primo posto nella classifica dei porti marittimi russi. Grazie alla ferrovia, Vladivostok sta sviluppando nuovi traffici e nuovi servizi marittimi, come l’export di grano containerizzato dalla Siberia alla Cina, inaugurato a gennaio scorso con la prima spedizione di 300 tonnellate, partita su ferro da Khabarovsk, nel terminal ferroviario e centro di stoccaggio e lavorazione di Fesco, Stroyopttorg, e giunta nel porto di Vladivostok per imbarcarsi per la Cina. Da fine 2020, invece, Fesco offre per/da Vladivostok per la prima volta con le sue linee marittime, il collegamento diretto al porto cinese di Wenzhou, nel sud-est della provincia industriale di Zhejiang, in alternativa a quello molto congestionato di Ningbo.

Lasciando l’Estremo Oriente e guardando l’area dell’Oceano Indiano, la Russia è tra i paesi protagonisti anche di un altro corridoio intermodale alternativo al tutto mare. Si tratta dell’International North-South Transportation Corridor (INSTC), un corridoio commerciale multimodale di 7.200 km, che coinvolge sin dal 2002 India, Iran e Russia, quando i rispettivi Ministri dei Trasporti firmarono l’accordo per una rete interconnessa navale, ferroviaria e stradale, finalizzata a ridurre, tra India e Russia, il costo del trasporto merci di circa il 30%, e dimezzare i transit time da 40 a 20 giorni. Sempre più l’INSTC sta integrando tra loro due progetti differenti: quello iniziale, che dal porto indiano di Mumbai, si connette via mare al porto iraniano di Bandar Abbas sul Golfo Persico, da cui via terra raggiunge il porto di Anzali sul Mar Caspio, con diramazioni verso Armenia e Azerbaigian; e quello che da Mumbai si collega al porto iraniano di Chabahar, sul Golfo di Oman alla foce dello stretto di Hormuz, proseguendo su strada costruita dall’India fino a Kabul in Afghanistan, per dare alternativa ai produttori indiani, rispetto all’utilizzo del porto pakistano di Gwadar.

Per eliminare i colli di bottiglia e migliorare funzionamento e capacità del corridoio Nord-Sud per il prossimo decennio il governo russo ha destinato decine di miliardi di rubli, mentre l’India ha già impegnato oltre 2 miliardi di dollari in Iran, non sanzionati dagli Stati Uniti, per la loro portata anticinese. Infatti, Chabahar costituisce la porta alternativa al corridoio CPEC della Belt and Road Initiative (BRI) cinese, il cui ingresso/uscita marittimo è il porto pakistano di Gwadar, a circa 70 km da Chabahar, che dà sbocco delle industrie manifatturiere cinesi dello Xinjiang al confine con il Pakistan.

Con un investimento di 500 milioni di dollari l’India prevede di portare il porto Chabahar a una capacità finale di 82 milioni di tonnellate, mentre 1,6 miliardi di dollari li sta investendo per la costruzione di strade di collegamento al porto, e soprattutto della linea ferroviaria Chabahar – Zahedan (Iran sudorientale) – Hajigak (Afghanistan), la cui area è interessata ad un progetto siderurgico e minerario.

L’India due anni fa ha avviato negoziati di libero scambio con l’Iran e ne sta negoziando anche uno con l’Unione economica euroasiatica (Eurasian Economic Union – EAEU), che secondo il Cremlino dovrebbe formalizzarsi entro questo anno. L’EAUE, che nel 2019 ha definito un accordo di libero scambio con l’Iran, comprende Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Russia: 167 milioni di abitanti e un pil di circa 5 trilioni di dollari. Nel 2019 l’interscambio commerciale India-EAEU, con Russia principale partner, è stato di circa 14 miliardi di dollari, e nei primi mesi 2020 ha traguardato i 9 miliardi. Secondo le proiezioni, l’accordo India- EAEU farà aumentare il loro fatturato commerciale del 25%, a 15 miliardi di dollari, e Russia e India hanno già aperto un tavolo per portarlo a 30 miliardi entro il 2025. Secondo alcuni osservatori, la fase conclusiva dell’accordo sarebbe accelerata dal ritiro dell’India da RCEP, a protezione del suo mercato interno dalla concorrenza cinese.

L’evoluzione del progetto del corridoio INSTC punta a far convergere le due vie, Bandar Abbas e Chabahar, sul porto iraniano di Anzali, che fa parte dell’unica zona di libero scambio sul Mar Caspio, a circa 260 km da Teheran; volontà riconfermata il mese scorso durante la celebrazione indo-iraniana del giorno di Chabahar, con l’espansione dei collegamenti in tutta l’area caucasica e centroasiatica. Dal porto di Anzali, i collegamenti marittimi del Caspio, assicurano il proseguimento del corridoio, fino a Mosca e ai paesi UE.  

Commentando il recente incidente di Suez, l’ambasciatore iraniano in Russia, Kazem Jalali, ha sottolineato “la necessità di accelerare il completamento delle infrastrutture del corridoio Nord-Sud”, viste le sue convenienze logistiche ed economiche, raccogliendo molti altri paesi, tra cui Azerbaigian, Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Tagikistan, Kirghizistan, Ucraina, Oman e Siria, che arricchiscono di nuove rotte il progetto.

Nel frattempo, India, Iran e Afghanistan hanno firmato un accordo di trattamento preferenziale e di riduzioni tariffarie per le merci indiane dirette in Asia Centrale e in Afghanistan, con la prospettiva di  facilitare il commercio dell’area che ha forte potenziale di crescita, e gli scambi con l’Europa Occidentale. È ripresa anche la discussione sull’ipotesi di una idrovia artificiale di congiungimento del Mar Caspio con il Golfo Persico, alternativo a Suez e al Mediterraneo, ma il cui costo, stimato di 7 miliardi di dollari, appare proibitivo  e sul quale non esiste neanche un piano di impatto ambientale.

Il programma INSTC si sta sviluppando in un contesto internazionale delicato, tra autonomia ed interdipendenza, facendo attenzione soprattutto da parte di  Russia e Iran, a non irritare Pechino, che intanto investe nei paesi del Caucaso e del Caspio.

                                                                                      Giovanna Visco

1 comment

  1. molto interessante l’articolo.,ricco di implicazioni e nuove prospettive per il trasporto ferroviario,a cui plaudo,anche in vista ,credo,della riduzione degli effetti collaterali del trasporto marittimo…..

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