Allarme default per l’autotrasporto mondiale, mentre in Italia continua la somministrazione degli autisti

Recentemente l’IRU, International Road Transport Union, l’organizzazione mondiale dei trasporti su gomma, nel corso della sua Assemblea annuale ha lanciato l’allarme globale sullo stato finanziario del trasporto commerciale su strada merci e passeggeri, a seguito dei blocchi causati dal Covid-19.

Alcuni dati

Nel mondo oltre l’80% del trasporto terrestre in tonnellate e passeggeri chilometro è sostenuto dall’autotrasporto – camion, furgoni, bus turistici e a lunga percorrenza, taxi – che nel 2020 subirà una perdita economica complessivamente stimata in circa 1 trilione di dollari. Per il trasporto merci su gomma mancheranno all’appello circa 680 miliardi di dollari, il 18% in meno rispetto al 2019, prevedendo per l’Europa un buco del 20% pari a circa 125 miliardi di euro, analogamente al resto delle macro aree mondiali, ad eccezione di Africa subsahariana e Nord America: Asia e Pacifico 379miliardi -20%, Eurasia 26miliardi -18%, Medio Oriente-Nord Africa 23miliardi -22%, Africa subsahariana 7 miliardi -11%, Nord America 84 miliardi -12%, Sud America 34 miliardi -20%.

In tale situazione disastrosa, per molte imprese c’è un alto rischio di default, soprattutto in Europa, Argentina, Turchia, Russia, Usa e Arabia Saudita, e di insolvenza, principalmente per la riduzione complessiva dei traffici; la crescita del numero di viaggi a vuoto per la riduzione della domanda che non ha consentito ai mezzi di viaggiare pieni sia all’andata che al ritorno; una forte sottoutilizzazione della capacità dei veicoli. 

Paradossalmente, anche nei siti dove le attività stanno riprendendo a pieno ritmo, come in molti porti asiatici e statunitensi, il forte congestionamento che ne è scaturito sta protraendo enormemente i tempi di carico e scarico dei camion, causando anche una carenza di container vuoti, tutti elementi che ripercuotono negativamente sull’autotrasporto. Tutto questo insieme di cose è esasperato da fornitori che richiedono pagamenti immediati alla consegna e dagli slittamenti dei pagamenti dei clienti.

L’emergenza liquidità del trasporto su gomma una minaccia per l’economia globale

L’emergenza liquidità creatasi dopo 9 mesi di crisi, con servizi cancellati e costi più alti per quelli effettuati a causa delle restrizioni anti-contagio, con perdite destinate a crescere se non vi saranno azioni di contenimento da parte dei governi, rischia di provocare il fallimento di migliaia di aziende del comparto in tutto il mondo. L’IRU ha chiesto a tutti i governi di adottare misure immediate quali sovvenzioni per far fronte alla crisi di liquidità, flessibilità dei premi assicurativi e rinuncia a tasse e oneri, per bloccare questo processo che è una grave minaccia per l’economia globale, compromettendo la disponibilità di servizi necessari ad affrontare l’emergenza Covid-19, come la ripresa economica e sociale del post pandemia.

Le più colpite dalla emergenza sono le imprese piccole e medie, che sono il collante di un apparato circolatorio globale, formato da logistica e trasporti, che assicura la sicurezza e l’efficienza dei rifornimenti di tutti, produttori e consumatori. 

Un apparato complesso e strutturalmente delicato, dotato di ampia flessibilità, che a prescindere dalla pandemia,è bisognoso di regie con visioni olistiche e di interventi costanti e attenti, per i cambiamenti endogeni ed esogeni sollecitati in continuazione dai movimenti dei mercati, dalle interdipendenze del cambiamento climatico, dai mega agglomerati di consumo e di produzione e dagli avanzamenti tecnologici.

L’autotrasporto merci è il protagonista più diffuso di questo sistema, dall’ultimo miglio alle lunghe percorrenze, e partner insostituibile dell’intermodalità, ma è anche il segmento dei trasporti che già da ben prima della pandemia, stava affrontando a dosi massicce sfide di impatto ambientale, organizzazione e concorrenza endogena, che nell’emergenza attuale è più che mai necessario proseguire.  

Il Pacchetto Mobilità dell’autotrasporto internazionale

L’Unione Europea da anni l’ha posto al centro di un lavoro meticoloso di analisi e di confronto, che dopo circa 3 anni di negoziati, in piena pandemia, è approdato nel Pacchetto Mobilità, incentrato sull’autotrasporto internazionale. La riforma ne attesta il suo alto valore sociale, oltre che economico, nel favorire la capillarità dei collegamenti, prodromico al complesso processo di unificazione dei paesi UE, iniziato ufficialmente il 25 marzo 1957 e da allora in continua evoluzione. 

Con 2 Regolamenti, entrati in vigore a partire dallo scorso 20 agosto, in particolare sui tempi di guida e di riposo degli autisti e sui distacchi, ed 1 Direttiva sul cabotaggio, da recepire negli ordinamenti dei singoli Stati entro il 2 febbraio 2022, il Pacchetto Mobilità interviene sulla relazione cruciale tra la concorrenza di mercato leale e la qualità del lavoro, ponendo un insieme di poche norme di base, che orientano uniformemente le differenti caratteristiche economiche dei 27 paesi membri. L’obiettivo pragmatico è di migliorare le condizioni di lavoro degli autisti e l’accesso al mercato dell’autotrasporto merci, con risvolti positivi anche sulla sicurezza stradale. 

La carenza di autisti

Un provvedimento accolto molto positivamente dai paesi europei occidentali ma non altrettanto da quelli dell’Est. Tra gli aspetti sui quali incide il Pacchetto, c’è il lavoro transnazionale somministrato, radicato alla carenza di autisti sul mercato del lavoro, stimata per l’Italia nei prossimi anni in circa 15.000 addetti, comprendendo tutte le tipologie di veicoli commerciali. Una professione, quella di autista di veicoli commerciali, entrata da tempo nella zona buia della domanda di lavoro, tanto da determinare immediatamente prima della pandemia, un forte invecchiamento della platea degli autisti in servizio, per circa il 46% con oltre 50 anni di età e solo per il 18% con meno di 40 anni (Fonte: The Meditelegraph). La ragione di tale oscuramento da parte della domanda, nonostante un’abbondanza di offerta, in un paese oltretutto come l’Italia, con alte percentuali di disoccupazione giovanile e femminile, va ricercata nella scarsa reputazione della professione e per il costo complessivamente esorbitante di accesso: patenti guida C e D, carta obbligatoria di qualificazione del conducente (CQC), altre eventuali certificazioni come quelle per merci pericolose, richiedono una spesa da parte del candidato  da 3000 a 6000 euro.

Recentemente, per far fronte alla prospettiva di ulteriore deficit di autisti, il Governo ha allargato il mercato della domanda ai migranti regolari, disponendo nel Decreto Flussi la possibilità per l’autotrasporto merci in c/terzi italiano di attingere dai 6000 ingressi regolari, contingente condiviso con edilizia e turismo, autisti professionali in possesso di patenti equivalenti  alle categorie Ce e convertibili sulla base degli accordi bilaterali con Algeria, Marocco, Tunisia, Repubblica di Macedonia del Nord, Moldavia, Ucraina e Sri Lanka. 

Ma questo sarà sufficiente a debellare il fenomeno del lavoro somministrato?

Il lavoro somministrato

La risposta sembrerebbe decisamente negativa, e non solo per una questione di numeri da coprire, ma per la piega speculativa che questa pratica ha assunto in Italia, come anche in altri paesi come Francia, Spagna e Paesi Bassi.

In sintesi, la somministrazione transnazionale del lavoro è una pratica originariamente nata per rispondere alla carenza di manodopera nel settore dell’edilizia, allargatasi poi man mano a tutti i settori ad alta intensità di lavoro, come logistica e pulizie, con cui le imprese fornitrici di lavoro temporaneo stabilite in uno Stato Ue, distaccano propri lavoratori presso altre imprese utilizzatrici, aventi sede o unità produttive in Italia, come in qualsiasi altro Stato UE.

Una ampia fetta di autisti somministrati proviene da Romania e Bulgaria almeno sulla carta, perchè in realtà spesso già risiedono abitualmente nel paese in cui vengono impiegati. 

La speculazione gioca sul gap retributivo tra i paesi dell’Ovest e dell’Est dell’Unione: senza intaccare il principio di paga uguale a parità di lavoro del paese in cui si lavora, la retribuzione contrattuale molto più bassa del lavoratore distaccato/somministrato viene integrata con l’indennità di distacco, che può arrivare a coprire anche più dell’80% dello stipendio mensile, senza calcolo e versamento dei contributi previsti dal paese in cui si presta il lavoro. In sintesi, si conserva la struttura remunerativa del paese che somministra, di gran lunga inferiore a quella italiana, coprendo la differenza con le trasferte, detassate in tutta l’Ue, a loro volta ancorate ai chilometri percorsi, che altro non sono che la produttività dell’autista. In un sol colpo si ottengono minor costo aziendale, remunerazione percepita più elevata, maggiore produttività, spesso anche a costo di manomettere tachigrafi e dispositivi di controllo. 

Questo meccanismo perverso permette di offrire tariffe più basse, facendo una concorrenza sleale alle aziende di autotrasporto italiane strutturate con dipendenti italiani, disseminando contemporaneamente l’immagine estremamente negativa delle basse condizioni di lavoro in cui questi autisti operano, che disincentiva la domanda di lavoro.

L’IRU ha rilevato che in Europa circa 60.000 camionisti rumeni somministrati lavorano in condizioni disastrose vivendo e dormendo sistematicamente a bordo, cosa che adesso il Regolamento europeo vieta.

Oltre alla somministrazione, a gravare sulla concorrenza del settore anche il cabotaggio sistematico (trasporti effettuati in uno stato diverso da quello del trasportatore) oggetto della direttiva contenuta nel Pacchetto Mobilità, che introduce un periodo di raffreddamento di 4 giorni prima che sia possibile al mezzo utilizzato di effettuare ulteriori operazioni di cabotaggio nello stesso paese, che resta invariato con un massimo di 3 operazioni in 7 giorni. 

Ma non solo: i camion utilizzati nei trasporti internazionali dovranno tornare nel paese di immatricolazione almeno 1 volta ogni 8 settimane, consentendo agli autisti di tornare a casa insieme al veicolo alla fine del secondo ciclo di 4 settimane. 

Proprio su questi punti, rientro obbligatorio degli autisti e dei mezzi ad intervalli regolari e divieto di riposo settimanale a bordo del mezzo, sia la Bulgaria, in cui l’autotrasporto rappresenta il 12% del Pil ed impiega circa 120.000 persone, di cui 40.000 autisti, che la Romania hanno presentato ricorso alla Corte di Giustizia, accusando il provvedimento di discriminazione, in base alla perifericità geografica dei paesi europei orientali, che ostacolerebbe di fatto l’applicazione normativa prevista. Con altri paesi dell’Est hanno chiesto alla Commissione anche di valutare l’impatto dei viaggi di rientro di migliaia di camion vuoti.  

I controlli sulla busta paga dell’autista

Ma al di là delle norme e delle valutazioni che ne seguiranno anche in base agli effetti Covid-19, come sperimentato abbondantemente dall’Italia, se non si dispiegano controlli costanti e sufficienti, il dumping continuerà a pascere, senza arrendersi nemmeno al progresso tecnologico che sta dotando l’autotrasporto di tachigrafi all’avanguardia. 

Dai dati Confcommercio, in un anno in Germania si fanno oltre un milione e 250mila controlli sul trasporto pesante, peraltro con reparti di polizia formati appositamente, in Italia invece meno di 200mila. È evidente che questa è una falla del sistema che soprattutto con la ripresa dei traffici darà luogo a comportamenti devastanti se non verrà velocemente riparata.

Per combattere efficacemente questa forma di concorrenza sleale, che danneggia investimenti e attività delle imprese italiane strutturate, l’intermodalità per i prezzi stracciati che riesce a fare sul tutto gomma, le aspirazioni occupazionali di chi è in cerca di lavoro, e l’erario, da più parti si sollecita l’attivazione di controlli sulla busta paga dell’autista, documento che ha l’obbligo di tenere in cabina.

Potrebbe essere un apripista verso le legalità molto semplice, da implementare a monte anche da tutti i soggetti che, come interporti e Autorità di Sistema Portuale, rilasciano permessi di ingresso agli autisti dei mezzi pesanti per le operazioni di carico e scarico, ma anche dalla committenza nel momento in cui appalta operazioni di trasporto, per la quale in caso di irregolarità sui compensi degli autisti, sono previste sanzioni e multe.

Giovanna Visco

Foto di copertina: Gefco

Questo articolo è stato pubblicato da ShipMAg con il titolo: Allarme default scuote l’autotrasporto mondiale

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